Categoria: GESU’ CRISTO

Il Crocifisso al collo: un segno di valori o di vanità? 0

Il Crocifisso al collo: un segno di valori o di vanità?

di Padre Antonio M. Di Monda

Molti uomini e soprattutto donne portano al collo un Crocifisso, di argento o di oro o anche di semplice metallo. Lo si vede spesso anche su petti di donne che non si direbbe del tutto modesti. È il caso di chiedersi: uomini e donne, specie se cristiani, cosa intendono significare mettendo al collo il Crocifisso?
Per coloro che credono in Cristo, il Crocifisso dovrebbe essere un segno di continua professione della propria fede. Quel Corpo dilaniato e contraffatto da sofferenze senza fine è il Corpo del Verbo Incarnato, immolato per la salvezza del mondo: sublime sacrificio di un Dio che, nel suo folle amore per gli uomini, tutto ha donato, tutto ha sofferto per strapparli alla morte e al degrado, e renderli figli di Dio e partecipi dei suoi beni.
Il Crocifisso, perciò, è un segno di sublimi valori umani e cristiani. È il segno della misericordia infinita, del perdono incondizionato. Ed è anche il segno di una giustizia che, finché si è su questa terra, è continuamente calpestata e offesa.
E il Crocifisso allora diviene il rifugio sicuro di tutti gli oppressi della terra, e la certezza che essa, la giustizia, avrà il suo definitivo trionfo perché Cristo Crocifisso così ha trionfato del male e dell’inferno, e così ha preparato il trionfo della risurrezione. E cioè ha trionfato accettando e santificando l’ingiustizia.
Cristo Crocifisso, quindi, rifugio e speranza certa di tutta una umanità dolorante rifiutata e derisa dai cosiddetti potenti della terra. Senza di Lui non si avrà che degrado, disperazione e morte. È questo che vogliono dire coloro che lo portano al collo? Ci saranno, senza dubbio, anime che così vedono questo gesto.
Ma temo che non sono pochi anche coloro –soprattutto donne che non si fanno scrupolo di mostrare il loro seno, provocando desideri e gesti di morte spirituale- che il loro Crocifisso al collo non è altro che un gingillo qualsiasi, adottato per moda o per accrescere l’attrazione.
Siamo allora alla profanazione, al peccato, alla vanità che svuota tutto e squilibra l’universo. Non si scherzi con Dio. San Paolo ha detto che è cosa orrenda cadere nelle mani di Dio vivente (Eb 10,31).
Sarà infatti proprio Cristo che apparirà alla fine dei tempi con la croce per giudicare l’intera umanità radunata ai suoi piedi.

I MIRACOLI DI GESÙ 0

I MIRACOLI DI GESÙ

1. Se osserviamo attentamente i «miracoli, prodigi e segni» con cui Dio accreditò la missione di Gesù Cristo, secondo le parole pronunciate dall’apostolo Pietro, il giorno della Pentecoste a Gerusalemme, constatiamo che Gesù, nel fare questi «miracoli-segni», ha operato nel proprio nome convinto della sua potenza divina, e nello stesso tempo dell’unione più intima con il Padre. Ci troviamo dunque ancora e sempre dinanzi al mistero del «Figlio dell’uomo-Figlio di Dio», il cui Io trascende tutti i limiti della condizione umana, pur appartenendovi per sua libera scelta, e tutte le umane possibilità di realizzazione e anche di sola conoscenza.

2. Un’occhiata su alcuni singoli avvenimenti, registrati dagli evangelisti, ci permette di renderci conto di quell’arcana presenza nel cui nome Gesù Cristo opera i suoi miracoli. Eccolo, quando rispondendo alle suppliche di un lebbroso che gli dice: «Se vuoi, puoi guarirmi!», egli, nella sua umanità, «mosso a compassione», pronuncia una parola di comando che, in un caso come quello, si addice a Dio, non a un puro uomo: «“Lo voglio, guarisci!”. Subito la lebbra scomparve ed egli guarì» (Mc 1,40-42). E similmente nel caso del paralitico, che è stato calato da un’apertura fatta nel tetto della casa: «Ti ordino, alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua» (cf. Mc 2,1-12). E ancora: nel caso della figlia di Giairo leggiamo che «Egli, presa la mano della bambina, le disse: “Talità kum”, che significa: “Fanciulla, io ti dico, alzati!”. Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare» (Mc 5,41-42). Nel caso del giovane morto di Nain: «“Giovinetto, dico a te, alzati!”. Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare» (Lc 7,14-15).

In quanti di questi episodi vediamo affiorare dalle parole di Gesù l’espressione di una volontà e di una potenza a cui egli si appella interiormente e che esprime, si direbbe, con la massima naturalezza come se appartenesse alla sua stessa condizione più arcana, il potere di dare agli uomini salute, guarigione e addirittura risurrezione e vita!

3. Un’attenzione particolare merita la risurrezione di Lazzaro, descritta dettagliatamente dal quarto evangelista. Leggiamo: «Gesù… alzò gli occhi e disse: “Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato”. E detto questo, gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori!”. Il morto uscì» (Gv 11,41-44). Nella descrizione accurata di questo episodio viene messo in rilievo che Gesù fa risorgere l’amico Lazzaro con la propria potenza e nell’unione strettissima con il Padre. Qui trova conferma l’affermazione di Gesù: «Il Padre mio opera sempre e anch’io opero» (Gv 5,17), e ha una dimostrazione, che si può dire preventiva, ciò che Gesù dirà nel cenacolo, durante il colloquio con gli apostoli nell’ultima cena, sui suoi rapporti col Padre, e anzi sulla sua identità sostanziale con lui.

4. I Vangeli mostrano con diversi miracoli-segni come la potenza divina, che opera in Gesù Cristo, si estenda oltre il mondo umano e si manifesti come potere di dominio anche sulle forze della natura. E significativo il caso della tempesta sedata: «Nel frattempo si sollevò un grande tempesta di vento». Gli apostoli-pescatori spaventati svegliano Gesù che dormiva nella barca. Egli «destatosi, sgridò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”. Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Gli apostoli furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, al quale il vento e il mare obbediscono?”» (Mc 4,37-41).

In quest’ordine di avvenimenti rientrano anche le pesche miracolose effettuate sulla parola di Gesù («in verbo tuo»), dopo i tentativi precedenti non riusciti (cf. Lc 5,4-6; Gv 21,3-6). Lo stesso si può dire, per quanto riguarda la struttura dell’avvenimento, anche del «primo segno» compiuto a Cana di Galilea, dove Gesù ordina ai servi di riempire le giare d’acqua, e poi di portare «l’acqua diventata vino» al maestro di tavola (Gv 2,7-9). Come nelle pesche miracolose, così anche a Cana di Galilea operano gli uomini: i pescatori-apostoli in un caso, i servi delle nozze nell’altro, ma è chiaro che l’effetto straordinario dell’azione non proviene da loro, ma da colui che ha dato loro ordine di agire e che opera con la sua misteriosa potenza divina. Ciò viene confermato dalla reazione degli apostoli, e particolarmente di Pietro che, dopo la pesca miracolosa, «si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo “Signore, allontanati da me che sono un peccatore”» (Lc 5,8). E uno dei tanti casi di emozione che prende la forma di timore riverenziale o anche di spavento, sia negli apostoli come Simon Pietro, sia nella gente, quando si sentono sfiorati dall’ala del mistero divino.

5. Un giorno, dopo l’ascensione, da un simile «timore» saranno presi coloro che vedranno i «prodigi e segni» avvenuti anche «per opera degli apostoli» (cf. At 2,43). Secondo il libro degli Atti, la gente portava «gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro» (At 5,15). Tuttavia questi «prodigi e segni», che accompagnavano gli inizi della Chiesa apostolica, venivano compiuti dagli apostoli non in nome proprio, ma nel nome di Gesù Cristo, ed erano quindi un’ulteriore conferma della sua potenza divina. Si rimane impressionati quando si legge la risposta e il comando di Pietro allo storpio, che gli chiedeva l’elemosina presso una porta del tempio gerosolimitano: «“Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina”. E presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono» (At 3,6-9). O quello che sempre Pietro dice a un paralitico di nome Enea: «“Gesù Cristo, ti guarisce; alzati e rifatti il letto”. E subito si alzò» (At 9,34).

Anche l’altro principe degli apostoli, Paolo, quando nella lettera ai Romani (15,17-19) ricorderà quanto egli ha compiuto come «ministro di Cristo fra i pagani», si affretterà ad aggiungere che in quel ministero consiste il suo unico merito. «Non oserei infatti parlare di ciò che Cristo non avesse operato per mezzo mio per condurre i pagani all’obbedienza (della fede), con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito».

6. Nella Chiesa dei primi tempi e specialmente nella evangelizzazione del mondo compiuta dagli apostoli, abbondarono quei «miracoli, prodigi e segni», come Gesù stesso aveva loro promesso (cf. At 2,22). Ma si può dire che essi si sono sempre ripetuti nella storia della salvezza, specialmente nei momenti decisivi per l’attuazione del disegno di Dio. Così è stato già nell’Antico Testamento in relazione all’«esodo» di Israele dalla schiavitù d’Egitto e al cammino verso la Terra promessa, sotto il comando di Mosè. Quando con l’incarnazione del Figlio di Dio «venne la pienezza del tempo» (Gal 4,4), quei segni miracolosi dell’operare divino acquistano un nuovo valore e una nuova efficacia per l’autorità divina di Cristo e per il riferimento al suo nome – e quindi alla sua verità, alla sua promessa, al suo mandato, alla sua gloria – con cui vengono compiuti dagli apostoli e da tanti santi nella Chiesa.

Anche oggi avvengono dei miracoli e in ciascuno di essi si delinea il volto del «Figlio dell’uomo-Figlio di Dio» e vi si afferma un dono di grazia e di salvezza.

I 9 primi venerdì del mese 0

I 9 primi venerdì del mese

Conversioni, guarigioni e salvezza delle anime
DOMANDA ANGOSCIOSA

L’esperienza insegna che non c’è persona che cerchi di vivere in conformità alla sua fede, la quale non si fermi angustiata davanti a questa domanda: mi salverò o mi dannerò?
Turbini di pensieri le passano allora per la mente conturbata ad accrescere la sua apprensione. La conoscenza della sua debolezza, la propria incostanza, l’assalto furibondo delle passioni, le suggestioni del male, le mille insidie di cui è circondata, l’ambiente malsano in cui deve vivere, con i suoi discorsi provocanti, derisioni, schemi, insulti, scandali, cattivi esempi, tutto coopera a farle nascere un senso di grande sfiducia fino a gettarla nel più profondo avvilimento.
Ecco allora venirle incontro l’infinita misericordia del Cuore di Gesù che le sussurra: «La Grande Promessa» che vengo a suggerirti farà svanire i tuoi timori e ti ridonerà pace e serenità. Pensa che metto a tua disposizione l’Onnipotenza del mio Amore per mettere al sicuro la tua salvezza eterna. Fidati di me che ho impegnato la mia parola; fidati di me che ti amo infinitamente e null’altro desidero che di vederti un giorno entrare in Paradiso a godere la felicità eterna. Incomincia subito a fare le nove Comunioni dei Primi Venerdì del mese.
Chi si salva?
Si salva chi fa una buona morte, cioè chi muore in grazia di Dio. Chi, al contrario, muore in peccato mortale si perde per sempre e sarà condannato alle pene eterne dell’inferno.
Possiamo noi sapere con certezza quale sarà la nostra morte, se buona o cattiva?
No, non possiamo sapere con certezza assoluta, perciò questa incertezza su un punto di così capitale importanza deve tenerci in una salutare trepidazione riguardo alla nostra salvezza eterna e spingerci a vivere bene, per sperare di morire bene.
Però dinanzi a questa angosciosa incertezza possiamo aprire il cuore alla più consolante speranza, anzi alla certezza morale di assicurarci il Paradiso mediante una buona morte: ed è l’ineffabile bontà del Cuore misericordiosissimo di Gesù, che ci ha voluto concedere questo supremo conforto per mezzo della sua Grande Promessa.
Che cos’è la Grande Promessa?
E una straordinaria e specialissima promessa del Sacro Cuore di Gesù con la quale Egli ci assicura l’importantissima grazia della morte in grazia di Dio, quindi la salvezza eterna.
Ecco le precise parole con cui Gesù manifestò la Grande Promessa a S. Margherita Maria Alacoque:
«Io ti prometto, nell’eccesso della misericordia del mio Cuore, che il mio Amore Onnipotente concederà la Grazia della penitenza finale a tutti coloro che si comunicheranno il primo Venerdì del mese, per nove mesi di seguito. Essi non morranno nella mia disgrazia, né senza avere ricevuto i santi Sacramenti, e in quegli ultimi momenti il mio Cuore darà loro un sicuro asilo».
Certezza dell’autenticità della Grande Promessa
Che la Grande Promessa sia veramente autentica, cioè che sia stata fatta da Gesù Cristo veramente e nei termini in cui è espressa, ne abbiamo la maggior certezza che umanamente si possa desiderare. Infatti fin dal processo di beatificazione, e poi per quello di santificazione di Margherita Maria Alacoque, la Grande Promessa fu sottoposta al rigoroso esame dei più grandi teologi e il loro giudizio fu così favorevole che il Papa Benedetto XV volle dare egli stesso la più bella e autorevole testimonianza sulla autenticità della Grande Promessa, riportandone testualmente le parole nella Bolla Apostolica con cui Margherita Maria veniva dichiarata Santa: «Gesù Nostro Signore si degnò poi anche di rivolgere alla sua fedele sposa queste testuali parole: IO TI PROMETTO, NELL’ECCESSO DELLA MISERICORDIA… ecc. (Acta Ap. Sedis 2 novembre 1920 – Voi. XII- pag. 503).
Chi non comprende la grande importanza dell’introduzione della Grande Promessa in un documento di tale valore? Non è questa la prova più valida dell’autenticità di tale Promessa? Non sarebbe temerario chi volesse dubitarne? Difatti la Chiesa con tutta quella diligenza che suo le usare quando si tratta d’innalzare all’onore degli altari i Santi, ha fatto uno scrupoloso e minuzioso esame di tutti gli scritti di Santa Margherita M. Alacoque, e non solo non vi ha trovato nulla da rimproverare, ma li ha pienamente confermati con la sua autorità permettendone la divulgazione tra i fedeli.
Per noi il giudizio della Chiesa, Maestra infallibile di verità è più che sufficiente perché ne possiamo parlare liberamente colla più profonda convinzione dell’animo nostro.
Analisi della Grande Promessa
Considerando le parole della Grande promessa si possono distinguere tre parti: l’introduzione – la promessa – la condizione.
L’introduzione
L’introduzione comprende queste parole: «Io ti prometto, nell’eccesso della misericordia del mio Cuore, che il mio amore onnipotente…».
Incominciando colle parole solenni «Io ti prometto», Gesù vuole farci comprendere che trattandosi di una grazia così straordinaria, Egli intende impegnare la sua parola divina, sulla quale possiamo fare il più sicuro affidamento, come ci dice in Matt. 2,35: Il cielo e la terra passeranno ma le mie parole non passeranno.
Poi aggiunge: «nell’eccesso della misericordia del mio Cuore», affinché riflettiamo che qui si tratta non di una promessa ordinaria, ma di una promessa così straordinariamente grande, che poteva venire soltanto da un «eccesso di misericordia veramente infinita», quasi volerci dire: «Anime redente dal mio Sangue, la pro messa che vi faccio è così straordinaria da quasi esaurire con essa i tesori della mia misericordia. Sta ora a voi volerne approfittare».
Per renderci poi assolutamente sicuri che saprà mantenere a ogni costo quanto promette, Gesù dice che questa grazia la concederà «l’amore onnipotente del suo Cuore», quell’amore cioè che tutto può a favore di chi confida in Lui. Questo significa che tutte le arti del demonio per strappargli quell’anima, saranno da Lui trionfalmente sventate, perché disposto a fare anche un miracolo — se sarà necessario — affinché chi ha fatto bene le comunioni dei nove primi venerdì del mese sia salvo.
La Promessa
Che cosa promette Gesù? Egli promette la coincidenza dell’ultimo istante della vita terrena con lo stato di grazia, per cui si è eternamente salvi in Paradiso. Gesù spiega la sua promessa con le parole: «essi non morranno in mia disgrazia, né senza aver ricevuto i Santi Sacramenti, e in quegli ultimi momenti il mio Cuore sarà loro un asilo sicuro».
Le parole «né senza aver ricevuto i Santi Sacramenti» sono forse una sicurezza contro la morte improvvisa? Cioè chi avrà fatto bene i nove primi venerdì sarà certo di non morire senza prima confessarsi, aver ricevuto il santo Viatico e l’Unzione dell’Infermi?
Importanti Teologi, commentatori della Grande Promessa, rispondono che questo non è promesso in forma assoluta, poiché:
1) chi, al momento della morte, si trova già in grazia di Dio, di per sé non ha bisogno dei Sacramenti per salvarsi eternamente;
2) chi invece, negli ultimi momenti della vita, si trova in disgrazia di Dio, cioè in peccato mortale, ordinariamente per rimettersi in grazia di Dio ha bisogno almeno del Sacramento della Confessione. Però in caso d’impossibilità a confessarsi; oppure in caso di morte improvvisa, prima che l’anima si separi dal corpo, Dio può supplire alla recezione dei Sacramenti con grazie interiori e ispirazioni che inducano il moribondo a fare un atto di dolore perfetto, in modo da ottenere il perdono dei peccati, riavere la grazia santificante e così salvarsi eternamente. Questo ben inteso, in caso eccezionale, quando cioè il moribondo, per cause indipendenti dalla sua volontà, non potesse confessarsi.
Quello invece che il Cuore di Gesù promette in modo assoluto e senza restrizioni è che nessuno di coloro che hanno fatto bene i Nove Primi Venerdì morrà in peccato mortale, concedendogli: a) se egli è giusto, la perseveranza finale nel lo stato di grazia; b) se egli è peccatore, il perdono di ogni peccato mortale sia per mezzo della Confessione, sia per mezzo di un atto di dolore perfetto.
Tanto basta perché il Paradiso possa dirsi veramente assicurato, perché — senza eccezione alcuna — il suo amabile Cuore servirà per tutti di sicuro rifugio in quei momenti estremi.
Pertanto nell’ora dell’agonia, negli ultimi istanti della vita terrena, da cui dipende l’eternità, possono insorgere e scatenarsi anche tutti i demoni dell’inferno, ma non riusciranno a prevalere contro chi ha fatto bene i Nove Primi Venerdì richiesti da Gesù, perché il suo Cuore gli sarà rifugio sicuro. La sua morte in grazia di Dio e la sua eterna salvezza saranno un consolante trionfo dell’eccesso della misericordia infinita e dell’onnipotenza d’amore del Suo Cuore Divino.
La condizione
Chi fa una promessa ha diritto di mettervi la condizione che vuole. Ebbene, Gesù, nel fare la sua Grande Promessa, si contentò di mettervi soltanto questa condizione: fare la Comunione nei primi Venerdì di nove mesi consecutivi.
A chi sembrasse quasi impossibile che con un mezzo così facile si possa ottenere una grazia così straordinaria qual’è quella di conseguire la felicità eterna del Paradiso, deve tenere conto che tra questo mezzo così facile e una grazia così straordinaria si frappongono la Misericordia infinita e l’Onnipotenza di Dio. Chi può mettere limiti all’infinita Bontà e Misericordia del Cuore Sacratissimo di Gesù e restringere l’entrata in Paradiso? Gesù è il Re del Cielo e della terra, di conseguenza spetta a Lui fissare agli uomini le condizioni per la conquista del suo Regno, il Paradiso.
Come dev’essere compiuta la condizione posta da Gesù per conseguire la Grande Promessa?
Questa condizione deve essere compiuta fedelmente e quindi:
1) le Comunioni devono essere nove e chi non le avesse fatte tutte e nove non ha diritto alla Grande Promessa;
2) le Comunioni devono essere fatte nei primi venerdì del mese, e non in altro giorno della settimana. Nemmeno il confessore può commutare il giorno, perché la Chiesa non ha concesso a nessuno questa facoltà. Neppure gli ammalati possono essere dispensati dall’osservare questa condizione;
3) Per nove mesi consecutivi senza interruzione.
Chi dopo aver fatto cinque, sei, otto Comunioni, la tralasciasse poi un mese, anche involontariamente o perché impedito o perché se ne fosse dimenticato, costui per questo non avrebbe fatto alcuna mancanza, ma sarebbe obbligato a ricominciare la pratica daccapo e le Comunioni già fatte, sebbene sante e meritorie, non potrebbero essere computate nel numero.
La pratica dei Nove Primi Venerdì si può cominciare in quel periodo dell’anno che torna più comodo, importante è non interromperla.
4) Con quali disposizioni devono essere fatte le nove Comunioni?
Le nove comunioni devono essere fatte in grazia di Dio, colla volontà di perseverare nel bene e di vivere da buon cristiano. Non si richiede un fervore speciale che non sarebbe alla portata di tutti.
A) È chiaro che se uno facesse la Comunione sapendo di essere in peccato mortale, non solo non si assicurerebbe il Paradiso, ma, abusando in modo così indegno della misericordia divina, si renderebbe meritevole di grandi castighi perché, invece di onorare il Cuore di Gesù l’oltraggerebbe orribilmente commettendo un peccato gravissimo di sacrilegio.
B) Chi facesse queste nove Comunioni per potersi poi abbandonare liberamente ad una vita di peccati dimostrerebbe con questa perversa intenzione di essere attaccato al peccato e quindi le sue Comunioni sarebbero tutte sacrileghe e non potrebbe certamente pretendere di essersi assicurato il Paradiso.
C) Chi invece avesse iniziato i nove primi Venerdì con buone disposizioni, ma poi per debolezza venisse a cade re in peccato grave, purché si penta di vero cuore, riacquisti la grazia santificante con la Confessione Sacramentale e continui senza interruzioni le nove Comunioni, costui conseguirà la Grande Promessa.
5) Quale intenzione bisogna avere nel fare le nove Comunioni?
Nel fare le nove Comunioni bisogna avere l’intenzione di farle secondo le intenzioni del Cuore di Gesù per ottenere la sua Grande Promessa, e cioè la salvezza eterna. Questo è molto importante perché, senza questa intenzione, fatta almeno nell’incominciare l’esercizio dei Primi Venerdì, non si potrebbe dire di avere bene adempiuta la pia pratica.
Che cosa si dovrà dire di colui che, dopo di aver fatto bene i nove primi Venerdì del mese, con l’andare del tempo diventasse cattivo e vivesse malamente?
La risposta è molto consolante. Gesù, nel fare la Grande Promessa, non ha eccettuato nessuno di quelli che avranno compiuto bene le condizioni dei Primi Nove Venerdì. Anzi è da notare la circostanza che Gesù, nel rivelare la sua Grande Promessa, non disse ch’essa è un tratto della sua misericordia ordinaria, ma dichiarò espressamente che è un eccesso della misericordia del suo Cuore, cioè una misericordia straordinaria che compirà con l’onnipotenza del suo amore. Ora queste espressioni così energiche e solenni ci fanno capire chiaramente e ci confermano nella sicura speranza che il suo Cuore amorosissimo concederà anche a questi poveri traviati il dono ineffabile della salvezza eterna. Che se per convertirli fosse anche necessario di operare miracoli straordinari di grazia, Egli compirà quest’eccesso della misericordia del suo amore onnipotente, dando loro la grazia di convertirsi prima di morire, e concedendo loro il perdono, li salverà. Quindi chi fa bene i nove Primi Venerdì non morirà in peccato, ma morrà in grazia di Dio e certamente si salverà.
Questa pia pratica ci assicura la vittoria sul nostro nemico capitale: il peccato. Non una vittoria qualsiasi ma la vittoria ultima e decisiva: quella sul letto di morte. Che grazia sublime della infinita Misericordia di Dio!
Questa pratica dei Nove Primi Venerdì non favorisce forse la presunzione, peccato contro lo Spirito Santo?
La domanda sarebbe imbarazzante se non ci fosse di mezzo:
1) da una parte la promessa incondizionata di Gesù che ha voluto indurci a porre in Lui ogni nostra confidenza, rendendosi Egli garante della nostra salvezza per i meriti del suo amorosissimo Cuore;
2) e dal l’altra parte l’autorità della Chiesa che ci invita ad approfittare di questo mezzo così facile per raggiungere la vita eterna.
Quindi non esitiamo a rispondere che essa non favorisce in alcun modo la presunzione delle anime bene intenzionate, ma ravviva loro la speranza di giungere in Paradiso nonostante le loro miserie e debolezze. Le anime bene intenzionate sanno benissimo che nessuno può salvarsi senza la sua libera corrispondenza alla grazia di Dio che ci spinge soavemente e fortemente a osservare la legge divina, cioè a fare il bene e a fuggire il male, come insegna il Dottore della Chiesa S. Agostino: «Chi ha creato te senza di te, non salverà te senza di te». È questa appunto la Grazia che intende ottenere colui che si accinge a fare i 9 Primi Venerdì con retta intenzione.

GESÙ SARÀ IL GIUDICE DI TUTTI 0

GESÙ SARÀ IL GIUDICE DI TUTTI

Mentre tanti Sacerdoti non ci parlano mai del Giudizio di Dio, sentiamo il dovere di riflettere sulle solenniparole di S. Pietro: Gesù “ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che Egli è il Giudice dei vivi e dei morti” (1). Ci incoraggia e ci spinge a questa meditazione S. Agostino che afferma: “Se i cristiani non sentisseroaltra predicazione che quella del Giudizio di Dio, questasola basterebbe a far loro osservare il Vangelo e viveresantamente in grazia”. A – GIUDIZIO PARTICOLAREAll’improvviso, sull’autostrada, urti violenti e fragorosi tamponamenti; un groviglio di automobili sconquassate e in rottami. Sull’asfalto e tra contorte lamiere, cadaveri sanguinanti, arti spezzati. All’improvviso, in città,una sparatoria tra delinquenti e forze dell’ordine; alcunimalviventi, morti sul colpo, crivellati di pallottole. All’improvviso, in casa, nella sua camera, un malore nell’alto della notte, e al mattino quel giovane, con sorpresa,è stato trovato freddo cadavere nel proprio letto. Sonofatti che nel mondo capitano ogni giorno. Ebbene, in quell’istante, appena arrivata sorella mortecorporale, là sull’asfalto della strada, là in quella città, làin quella casa e in quel letto, l’anima lascia il corpo e si presenta subito davanti a Cristo Dio per essere giudicata. Leparole del libro di Dio sono chiare e perentorie: “È stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta; dopo di che viene il Giudizio” (2)Mentre parenti e amici raccolti attorno al cadaveredomanderanno: “Quanto ha lasciato?”, gli Angeli chiederanno: “Quanto ha portato?” Non giova per l’eternitàquello che si lascia sulla terra: ricchezza, piaceri proibiti,successi mondani, ecc.: tutto questo – dice la Bibbia – “èvanità di vanità e affanno”: eppure molti si preoccupanosoltanto di queste cose vane.Urge stare preparati, in grazia di Dio, con l’anima ricolma di opere buone, poiché molto spesso la chiamata alGiudizio di Dio è improvvisa; e, subito, Gesù, come all’amministratore del Vangelo, chiederà: “Rendi conto della tua amministrazione” (3): I talenti, i beni che ti ho dato:intelligenza, volontà, cuore, sensi, soldi, quanto possedevi(e di cui eri solo amministratore), tutto hai adoperato peramare Me (tuo Signore) e il tuo prossimo? Per osservaretutti i miei Comandamenti? Sì? Allora, avrai come ricompensa una eternità gioiosa! No? Allora Gesù sarà costrettoa gridarti: “Non ti conosco! Vai lontano da Me, maledetto!”S. Paolo ammonisce: “Non vi fate illusioni; non si può prendere gioco di Dio.Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carneraccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna” (4). In genere – come afferma S. Agostino – “qualis vita finis vita”, qual’è la vita, tale saràla fine della vita ossia la morte e l’immediato presentarsial Tribunale di Cristo Dio: se la vita è buona cioè religiosa, la morte sarà buona cioè religiosa; se la vita è cattiva facilmente la morte sarà cattiva cioè non religiosa,forse disperata, e, come afferma la Bibbia, ad essa seguiràsubito un “giudizio durissimo”. Gli esempi sono innumerevoli. Chi non ha letto quanto sia stata spaventosa e disperata la morte dell’anticlericale Voltaire?Ai nostri tempi, la figlia prediletta di Stalin, Svetlana, così racconta la morte di suo padre, che è stato il più feroce persecutore dei cristiani ed il responsabile delle torture e della morte di molti milioni di innocenti. Muore nellasua lussuosa e fortificatissima dacia. Parole precise dellafiglia: “Mio padre morì in modo terribile e difficile. La famedi ossigeno cresceva. La faccia si oscurava e si alterava, i suoilineamenti diventavano irriconoscibili, le labbra si facevano nere. L’agonia fu spaventosa. Strangolava un uomosotto gli occhi di tutti. Nell’ultimo minuto, a un tratto egliaprì gli occhi e li girò su tutti coloro che stavano intorno. Fuuno sguardo terribile, forse folle, forse furibondo e pienodi terrore davanti alla morte; e questo sguardo passò sututti durante una certa frazione di minuto e, a questo punto- fu una cosa incomprensibile e orribile che ancor oggi noncapisco, ma non posso dimenticare – a questo punto egli sollevò improvvisamente in alto il braccio sinistro (che nonera paralizzato) e con esso indicò verso l’alto, o forse minacciò noi tutti. Il gesto rimase incomprensibile, ma fupieno di minaccia e non si sa a chi si riferisse. Nell’istantesuccessivo l’anima, compiuto l’ultimo sforzo, si strappò dalcorpo” (5). Quell’anima subito ha dovuto presentarsi davanti a Cristo Dio per essere giudicata.Per i nemici di Dio e per gli uomini che dimenticanoGesù, Messa domenicale, sacramenti, preghiera e non siconvertono, ci sono le severe parole della Bibbia: “Quantoè terribile cadere nelle mani del Dio vivente!” (6).Per gli amici di Gesù, per tutti i peccatori che si sonoconvertiti, ci sono le dolcissime parole che il Giudice Divino rivolgerà a ciascuno di loro: “Servo buono e fedele,prendi parte (per sempre) alla gioia del tuo Signore” (7). B – GIUDIZIO UNIVERSALEOgni uomo buono e religioso alza il livello spiritualedi tutta l’umanità, attira tante benedizioni di Dio ed è dibuon esempio e causa di salvezza eterna per molte anime.Mentre l’uomo non religioso nuoce a tutta l’umanità, attira le maledizioni di Dio e diventa pietra di scandalo pertante anime che per sua colpa si incammineranno verso laperdizione eterna. Dunque la giustizia esige che ogni persona sia giudicata pure davanti a tutti gli uomini: è necessario ci sia il Giudizio universale. La Bibbia ce l’assicura: “Tutti noi ci presenteremo al Tribunale di Dio” (8).1) Venuta del Giudice (“parusia”): Questo mondo finirà. Quando? Gesù dice: “Nessuno lo sa, neppure gli Angeli” (9). Verrà giorno in cui “il sole – dice Gesù – si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, gli astri cadrannodal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte. Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo (la Croce) e si batteranno il petto tutte le tribù della terra e vedranno il Figlio dell’uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi Angeli con grandetromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti,da un estremo all’altro del cielo” (10). “Il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo con i suoi Angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni” (11).2) Severità del Giudice: Ecco come S. Giovanni, l’apostolo dell’amore, descrive la severità di Cristo Giudice verso i cattivi (mentre verso i buoni sarà di estrema dolcezza): “Aveva gli occhi fiammeggianti come fuoco, i piediavevano l’aspetto del bronzo splendente purificato nel crogiuolo. La voce era simile al fragore di grandi acque. Nelladestra teneva sette stelle, dalla bocca gli usciva una spadaaffilata a doppio taglio e il suo volto somigliava al solequando splende in tutta la sua forza. Appena lo vidi, caddiai suoi piedi come morto. Ma Egli posando su di me la destra mi disse: Non temere! Ho potere sopra la morte esopra gli inferi” (12). “Poi vidi i morti, grandi e piccoli, rittidavanti al trono. Furono aperti i libri e fu aperto anche unaltro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati in basea ciò che era scritto in quei libri, ciascuno secondo le sueopere. Il mare restituì i morti che esso custodiva e la mortee gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno vennegiudicato secondo le sue opere. Poi la morte e gli inferivennero gettati nello stagno di fuoco. Questa è la secondamorte, lo stagno di fuoco. E chi non era scritto nel librodella vita venne gettato nello stagno di fuoco” (13).3) Sentenza del Giudice: “Allora dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite benedetti dal Padre mio, ricevetein eredità il regno preparato per voi… Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi seguaci” (14).Per andare serenamente verso il Giudizio, amiamotanto Gesù e la Madonna: Amiamo Gesù con tutto il cuore sull’esempio di Francesco d’Assisi, e allora esulteremo invita e in morte poiché avremo la certezza che risplenderàper noi la beatitudine del cantico di Frate Sole: “Beatiquelli che la morte troverà nella tua santissima volontà”,o mio Signore!Siamo molto devoti della Madonna! Nel Giudizio universale di Michelangelo, la Vergine dipinta alla destra diGesù, quasi si ritira in disparte come per dirci: adesso ètroppo tardi, non posso più far nulla per voi; mi dovevate invocare quando vivevate sulla terra! Non aspettiamo il giornodel Giudizio per invocare la Madonna. Supplichiamola finda ora ogni giorno, recitiamo sempre il rosario. Ci otterrà unGiudizio favorevole: saremo dalla parte di coloro ai qualiGesù dirà: “Venite, benedetti, al Regno eterno!”.ESEMPIO: S. Veronica Giuliani, Clarissa Cappuccina, di una santità gigantesca (a molti sconosciuta), ha scrittoun diario di altissima ascetica e mistica di ben 22.000 pagine, quasi tutte dettate dalla Madonna. Ecco come racconta nel diario una delle sue comparizioni, nell’estasi, alTribunale di Cristo: “Gesù e Maria mi guardavano indignatie severi… Improvvisamente si fece luce e la mia vita si mostrò in tutta la sua nudità. Vidi le grazie ricevute e le mieinfedeltà, e mi sembrò di udire la Corte celeste rimproverarmi la mia ingratitudine; tutti si velavano la faccia per lacollera e il disgusto. I Santi tremavano nel vedere i visicorrucciati di Gesù e Maria. Io guardavo i miei Angeli e imiei Santi, ma nessuno prendeva le mie difese. Nascondermi o fuggire? Impossibile! La giustizia di Dio mi teneva legata. Parlare? Impossibile! Là restiamo senza voce;solo la voce delle colpe sale davanti al Giudice. Nello specchio divino vidi le mie infedeltà e ingratitudini. Compresi che l’offesa che chiamiamo leggera e che ci appare comeun pulviscolo, per Iddio è una montagna.Già un’armata di demoni si avvicinava per prendermie per portarmi via. Ma d’un tratto la Madonna mi guardòcon pietà e rivolse al Figlio queste parole: Per amor mioperdonatela; pronunziate la sentenza di eterna vita. Gesùallora mi riguardò con tenerezza, e tutti i miei Santi protettori cantarono un inno di grazie e di trionfo. Ma quantoterribile era stato il Giudizio! E pensare che tutti gli uomini lo subiranno!”N.B.Con questa rivelazione impressionante Gesù vuoleinsegnarci che anche la sua giustizia (alla quale pochi pensano) è infinita pur rimanendo infinita e dolcissima la suamisericordia verso il peccatore pentito. Alla B. FaustinaKowalska Gesù ha detto che se voi sulla terra avrete fattodegna riparazione per i vostri peccati “quel giorno (delGiudizio) sarà più che mai il giorno della misericordia, incui il Signore nasconderà, per così dire, i vostri peccatinelle sue piaghe dove troveranno rifugio sicuro”.PROPOSITO: Voglio vivere santamente, in un ferventissimo amore al Salvatore, così da poter ripetere conS. Teresa del Bambin Gesù: “Non ho terrore del Giudiziopoiché mio Giudice sarà quel Gesù che è testimone dellamia vita e che io amo tanto”.Supplicherò la Madonna, mia Madre celeste e mia sicura speranza, per raccomandarle l’ora importantissimain cui comparirò al tribunale di Cristo Dio: Prega per noi…nell’ora della nostra morte.

GESÙ NELLA SANTA MESSA RIPRESENTA LA SUA VITA, PASSIONE, MORTE, RISURREZIONE 0

GESÙ NELLA SANTA MESSA RIPRESENTA LA SUA VITA, PASSIONE, MORTE, RISURREZIONE


celebra il Mistero pasquale che è al Centro del Credo e del Vangelo
Il P. Pio da Pietrelcina ha scritto e ripetuto più volte che la Vergine era solita accompagnarlo all’altare quando andava a celebrare la S. Messa. “Povera mammina – scrive al suo Direttore spirituale – quanto bene mi vuole! Con quanta cura mi ha accompagnato all’altare questa mattina! Mi è sembrato che ella non avesse altro a pensare se non a me soltanto, col riempirmi il cuore di santi affetti”.La Madonna è presente durante la S. Messa come era presente sul Calvario. Con questo pensiero meditiamo sulla grande verità del Sacrificio Eucaristico. La S. Messa possiamo definirla – come leggiamo nella terza prece eucaristica – “il Sacrificio perfetto” con cui rendiamo a Dio “ogni onore e ogni gloria”.1. CHE COS’È IL SACRIFICIO, inteso come culto a Dio? E un atto di adorazione al Signore che consiste nel prendere qualcosa che ci appartiene, per esempio (nei sacrifici antichi) i frutti del terreno o del bestiame, sottrarli all’uso comune e offrirli a Dio per riconoscere che tutto appartiene a lui, e in tale modo rendergli lode, ringraziamento, espiazione e supplica che sono le più forti esigenze dell’uomo che è convinto di essere creatura di Dio e di essere infinitamente amato da Lui.2. I SACRIFICI LUNGO I SECOLI E I MILLENNI.Fin dall’inizio dell’umanità sono stati offerti dei sacrifici. La Bibbia ci ricorda Abele che offriva le primizie del suo gregge e Caino che offriva i frutti della terra e Noè e Abramo che offrivano sacrifici di ringraziamento. Anche Maria e Giuseppe, quando presentarono Gesù al Padre, nel tempio, offrirono un sacrificio: quello dei poveri: due colombi o tortore. Ancor oggi i Maomettani, che hanno attinto diverse cose dalla religione ebraica, ogni anno immolano, nel loro santuario della Mecca, centinaia di migliaia di agnelli, di vitelli, ecc. Gli ebrei questi sacrifici li offrivano per comando esplicito di Dio. Era loro costume di offrire ogni giorno, nel tempio, due agnelli in sacrificio a Dio. I sacrifici del popolo eletto erano preparazione e simbolo del sacrificio di Gesù. Sono stati offerti al Signore, uccisi, immolati milioni di agnelli, di vitelli, ecc., in un fiume di sangue che ha attraversato secoli e millenni, ma gli uomini comprendevano che non avevano onorato Dio come si deve onorare, ossia in maniera infinita. 3. IL SACRIFICIO DI GESU’:a) Il Sacrificio del Calvario: viene l’atteso Messia, Gesù, vero Dio e vero uomo; viene soprattutto per offrire al Padre celeste il “Sacrificio perfetto”. Tutta la sua vita è Sacrificio, e il culmine del Sacrificio è la sua morte sul Calvario. Come uomo quel Sacrificio l’ha offerto a nome di tutta l’umanità e come Dio gli ha dato un valore infinito. Finalmente il Padre celeste ha ricevuto una lode infinita, un ringraziamento infinito, una espiazione per i nostri peccati di valore infinito, una supplica di una potenza infinita per ottenerci ogni grazia (Leggi Ebrei 10,4-10).Il Sacrificio di Gesù è unico: quello del Calvario, della Croce: e da solo è sufficiente per l’umanità di ogni epoca. Tuttavia prima di morire ha voluto istituire il Sacrificio dell’altare per ripresentare lo stesso Sacrificio del Calvario sino alla fine del mondo.b) Il Sacrificio dell’altare o S. Messa fu annunciato ben cinque secoli prima che Gesù lo istituisse, dal profeta Malachia che riporta queste parole del Signore a Israele: “Oh, ci fosse tra di voi chi chiude le porte (del tempio di Gerusalemme ormai inutile), perché non arda più invano il mio altare! Non mi compiaccio di voi…, non accetto l’offerta delle vostre mani! Poiché dall’oriente all’occidente grande è il mio nome tra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome tra le genti”(1). Qui si tratta di un Sacrificio universale e puro e perfetto. Non può essere il sacrificio dei pagani, non accetto a Dio; neppure quello degli ebrei che nel testo citato e nel suo contesto è considerato indegno e rigettato. Non rimane che il Sacrificio di Gesù che è perfetto; e non si tratta soltanto di quello della Croce o del Calvario offerto una volta sola e in un solo luogo, ma si tratta della S. Messa che sarà offerta in ogni luogo e in ogni tempo, da dove sorge il sole fino a dove tramonta.Il Sacrificio dell’altare è stato istituito da Gesù la sera antecedente la sua morte quando (dice il vangelo) “Gesù prese il pane, e, pronunciando la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: Prendete e mangiate; questo è il mio Corpo. Poi, prese il calice, e, dopo aver reso grazie, lo diede loro dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio Sangue dell’alleanza, versato per tutti in remissione dei peccati” (2). Con queste parole viene pure ricordato l’imminente spargimento di sangue ossia la sua morte che la S. Messa dovrà ripresentare.Gesù per manifestare chiaramente che questo Sacrificio eucaristico doveva essere ripetuto, rivolto agli apostoli (che in quel momento li consacra Sacerdoti), e mediante loro, rivolto a tutti i Sacerdoti futuri, da questo comando: “Fate questo in memoria di me” (3). Da quell’ora, nella vera chiesa di Cristo, i Sacerdoti la S. Messa l’hanno sempre celebrata.Nel 150 d. C. circa, S. Giustino, martire, ci descrive la liturgia della S. Messa, e con nostra gioiosa sorpresa ci accorgiamo che corrisponde molto bene alla S. Messa di oggi non solo nella sostanza, ma anche nei riti e nelle parole.Ogni volta che il Sacerdote incomincia la celebrazione della S. Messa, rappresenta Gesù e presta la sua persona e le sue labbra a Gesù, ed Egli, il Salvatore, per mezzo del Sacerdote, ripete gli stessi gesti e le medesime parole che usò nel Cenacolo. In quell’istante cadono tutti i veli del tempo e dello spazio e noi ci troviamo sul Calvario accanto alla Madonna e a S. Giovanni e alle pie donne. E Gesù, per mezzo del Sacerdote, insieme al suo popolo, ripresenta (senza spargimento di sangue, già versato una volta per sempre), il medesimo Sacrificio della Croce all’eterno Padre, offrendogli tutti i meriti che si è acquistato nella sua passione e morte, a gloria infinita di Dio e a vantaggio infinito per noi .Bossuet ripeteva che “nell’universo niente è più grande di Gesù, e, in Gesù nulla è più grande della sua passione, morte e risurrezione”. Ebbene, la S. Messa è la ripresentazione della passione, morte e risurrezione di Cristo. Quindi, in tutto l’universo, nulla vi è di più grande della S. Messa.Consideriamo, da una parte tutte le preghiere, le sofferenze, le opere buone di tutte le persone oneste che sono state, che sono e che saranno sulla terra, e anche le lodi fervide e incessanti di tutti i Santi e di tutti gli Angeli del Cielo, dall’altra parte consideriamo una sola S. Messa: cosa vale di più? Una sola S. Messa vale infinitamente di più, perché quelle sono opere di creature, mentre la S. Messa è opera del Creatore, di Cristo Dio!Perciò Paolo VI, nell’Enciclica “Misterium Fidei” esortava ogni cristiano a fare tutto il possibile per partecipare con fede e amore alla S. Messa non soltanto nelle domeniche, ma anche nei giorni feriali. E S. Agostino diceva: “Tutti i passi che uno fa per recarsi a partecipare alla S. Messa sono contati da un Angelo e per ogni passo sarà concesso da Dio sommo premio e in questa vita e nella vita eterna”. E lo stigmatizzato P. Pio, che vidi, durante la S. Messa (che si prolungava per due ore), tutto immerso nella sofferenza, in un grondare di lacrime che asciugava con fazzoletti bianchi, il P. Pio ripeteva “È più facile che la terra si regga senza sole che senza Messa”.ESEMPIO: Martiri della Messa: Nell’Abitene, in Africa settentrionale, 49 cristiani furono sorpresi, nel 304, in casa del Prete Saturnino durante la celebrazione della S. Messa. Fu loro comandato di abbandonare Cristo e mai più partecipare alla S. Messa, pena la morte. Rifiutarono decisamente, gridando: Uccideteci pure, ma “noi non possiamo vivere senza partecipare alla Messa e alla Comunione almeno ogni domenica”. (“Sine dominico esse non possumus”). Furono crudelmente uccisi. Anche noi dovremmo ripetere, con le parole e con i fatti, come hanno ripetuto centinaia di milioni di martiri cristiani in duemila anni: Senza santificare ogni domenica con la S. Messa e la Comunione, non potremmo vivere su questa terra!Il campionissimo della Messa: S. Lorenzo da Brindisi, Dottore della Chiesa: è uno dei Santi che maggiormente si è impegnato nella devota celebrazione dell’Eucaristia.Pur dovendo predicare in media tre o quattro volte al giorno, anche ai protestanti e perfino agli ebrei (sapeva a memoria tutta la Bibbia in greco e in ebraico), e pur dovendo quasi continuamente viaggiare in tutta l’Europa per incarichi della S. Sede e per visitare, quale Superiore Generale, ogni convento dei suoi Frati Cappuccini, sapeva trovare il tempo per impiegare, nella celebrazione privata della S. Messa, almeno tre o quattro ore. Ha raggiunto un primato nel giorno dell’Assunta: lui, tanto devoto della Madonna e uno dei più grandi mariologi, in quella festa ha celebrato una Messa della durata di ben 14 ore, con tante lacrime e sospiri che partivano da un cuore tutto fuoco di amore a Gesù e a Maria. Egli andava ripetendo queste parole che dovrebbero essere nel cuore d’ogni cristiano: “La Messa è il mio paradiso sulla terra!”.PROPOSITO: Faremo il possibile per partecipare con tanta fede e con grande devozione alla S. Messa non solo nelle domeniche, ma anche nei giorni feriali.

GESÙ È AMORE 0

GESÙ È AMORE

Nessuna religione ha un Dio così innamorato di noi come il cattolicesimo.Questo amore altissimo di Gesù è verso tutti. Il celebre scrittore Bruce Marshal afferma: “Nostro Signore ama tutte le anime di amore uguale e illimitato; e la salvezza dell’ultima prostituta gli sta a cuore quanto quella del suo Vicario in Roma” (cf. il miracolo di Malacchia).Il nostro Dio ci ama fin dall’eternità. E nella pienezza dei tempi si è umiliato e quasi annientato facendosi uomo per la nostra salvezza. Questo amore infinito lo ha spinto sulla croce e lo ha immerso in un mare di atroci sofferenze.La Sacra Scrittura afferma: “in questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1 Giov. 4,10).Gesù esclama: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Giov. 15,13). Il Salvatore, ha fatto molto di più: ha dato la vita per noi che eravamo suoi nemici essendo peccatori. S. Paolo dice: “Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rom. 5,8).Questo amore di Gesù ha raggiunto quasi la follia quando, nella “notte in cui veniva tradito” (I Corinzi 11,23), alla vigilia della sua passione e morte, ha istituito la S. Messa come memoriale della sua immolazione sul calvario per noi e ha istituito il Sacramento della Comunione per diventare cibo delle anime nostre.Esempio: Un’anima santa, mentre sta vivendo momenti difficili, ha una visione. Contempla una vasta distesa di sabbia, sulla quale scorge, con gioia, in lunga fila, le tracce di due piedi. “Coraggio! (dice a sé stessa) Gesù cammina accanto a me!” A un certo istante vede le tracce di un solo piede. Subito dice al Signore: Perché mi hai abbandonata nei momenti più tristi?” Gesù le risponde: “Sono stato sempre accanto a te! E nelle ore più terribili sono venuto nel tuo cuore!”Lasciamoci invadere da un uragano di amore verso Gesù, tanto da ripetere con il P. Pio da Pietrelcina: “Mi sento tutto bruciare senza fuoco, stretto e legato a Gesù per mezzo di questa Madre Maria…Vorrei volare per invitare tutte le creature ad amare Gesù, ad amare Maria”.1 – Gesù è il più grande amante! Nessuno, mai, in tutta la storia, ha amato tanto come Gesù ha amato e ama noi. Gridiamo a tutto il mondo, con la voce e con le opere: “II Cuore di Gesù è un braciere che arde di fuoco di amore. Lui stesso ha detto: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso!” (Luca 12,4).Ama i fanciulli: li abbraccia e li benedice (cf. Marco 10,10).Ama i poveri, i sofferenti, gli ammalati. Costoro sono i suoi prediletti. Afferma: “Quanto avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a Me” (Matteo 25,40).Ama gli adolescenti, i giovani: risuscita la figlia di Giàiro (Luca 8,42). Risuscita il figlio della vedova di Naim. “Gesù – dice il Vangelo – fissando lo sguardo del giovane ricco, lo amò” (Marco 10,21).Ama le persone mature, gli adulti: davanti alla tomba di Lazzaro “Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: Vedi come lo amava!” (Giov. 11,35). Poi, lo risuscitò.Ama i peccatori, le peccatrici: ecco il suo amore misericordioso verso Zaccheo, verso l’adultera, la samaritana, il ladrone che gli è accanto sulla croce, ecc.2 – Gesù chiede a ciascuno di noi un amore sommo e totale: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Marco 12,30s.). Qui sta la perfezione cristiana, la santità, la gioia.3 – Facciamo nostri gli affetti e i propositi di tutti i Santi, particolarmente di S. Agostino. Questi esclama: “Quanta miseria è nell’essere lontano da Colui che è ovunque! Te bramo, o Signore, che sei per noi una sazietà insaziabile! Chi entra in Te entra nella gioia! Io mi allontanai da Te e divenni perciò una contrada di miserie. Tardi ti ho amato, o Bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato! Tu eri con me, ma io non ero con Te. Tu mi hai chiamato, hai gridato, hai vinto la mia sordità. Tu hai balenato, hai brillato, hai vinto la mia cecità.Hai sparso il tuo profumo, io l’ho respirato ed ora a Te anélo. Ti ho gustato ed ora ho fame e sete di Te. Mi hai toccato ed ardo dal desiderio della tua pace” (confessioni). GESÙ CI AMA! RIMANIAMO NEL SUO AMORE!1 – Chi arriverà a capire l’altezza dell’amore di Gesù verso di noi? S. Paolo esclama: “Cristo abiti per fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti isanti quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità…dell’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza (Efes. 3,17) “Cristo vi haamato e ha dato Sè stesso per noi offrendosi a Dio in sacrificio di soaveodore” (Efes. 5,2). “Cristo è morto per gli empi”, che siamo noi (Rom., 5,ó).Diremo con S. Giovanni: “Egli ha dato la sua vita per noi” (1 Giov. 3,16).2 – Gesù con parole commoventi rimprovera l’incorrispondenza di Gerusalemme, quindi anche di tutti noi, al suo amore: “Gerusalemme, Gerusalemme che uccidi i profeti e lapidi coloro che sonomandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come lagallina i suoi pulcini sotto le ali e non hai voluto!” (Luca 13,34).3 – Gesù dolcemente ci supplica: “Rimanete nel mio amore” (Giov. 15,9). Ripete a ciascuno di noi l’invito che rivolse a S. MargheritaAlacoque: “Ricevo tante offese! Almeno tu amami!” Per te, per liberarti dalla schiavitù del peccato, per strapparti dalla bocca dell’inferno,per aprirti la porta del paradiso, ho sparso tutto il mio sangue! “Dammiil tuo cuore!” (Proverbi 23,3ó). Amami come sei: anche se sei immerso nei peccati, nei vizi. Se aspetti di essere virtuoso o santo per amarmi, non mi amerai mai. Amamisubito. Io ti farò risorgere dalle tue miserie morali.Pensa che di una prostituta, Maria Maddalena, Gesù ho fatto unagrande santa; di un uomo ingordo di denaro, Matteo, ho fatto uno zelante Apostolo; di un terribile persecutore, Saulo, ho fatto il più grandeEvangelizzatore.Quanto è grande, dunque, l’amore di Gesù! Se tutti lo conoscessero,tutti si convertirebbero e farebbero proprio il grido di S. Veronica Giuliani, Clarissa Cappuccina, sul letto della sua dolorosa malattia: “Ditelo a tutti che ho trovato l’Amore! Sta qui il segreto delle mie gioie edelle mie sofferenze! Ditelo a tutti: ho trovato l’Amore!” GESÙ CI AMA. CRESCIAMO NEL SUO AMORETutta l’essenza della vita cristiana sta nel credere all’amore di Dio.S. Paolo scrive: “A quanti sono in Roma, amati da Dio e santiper vocazione, grazie a voi e pace da Dio Padre e dal Signore GesùCristo” (Rom. 1,7).Tutta la santità consiste nel crescere nell’amore a Dio, tanto dapoter esclamare con S. Giovanni: “Noi abbiamo creduto all’amore cheDio ha per noi. Dio è amore e chi sta nell’amore dimora in Dio e Diodimora in Lui” (1 Giov. 4,16 ).Questo Amore divino si è incarnato, si è fatto uomo in Gesù per salvare, deificare, santificare gli uomini, per distruggere il regno di satananel mondo e per realizzare in ciascuno di noi il suo regno di amore,vale a dire – afferma Eugenio Joly – “per fare di noi i veri figli del Padredei cieli, incorporandoci a Se stesso. Mediante Gesù Cristo, con Lui,in Lui, noi entriamo nella vita trinitaria di Dio. Il bacio vivente di amore, lo Spirito, che unisce il Figlio e il Padre, unisce al Padre anchenoi… Nessun avvenimento potrà essere paragonato all’avvenimentoGesù Cristo. In Gesù ci viene dato tutto. Gesù è la chiave della storia,il centro e la spiegazione dell’universo” (Che significa credere?).Gesù , nel suo grande amore, non cessa mai di venire a noi per ricolmarci del suo affetto: Egli è “Colui che viene” (Ap. 3,20). Coni primi cristiani ripetiamo spesso: “Vieni Signore Gesù!” (Ap. 22,20).Esempio. Un giovane del Marocco, Saùd Abdelaaziz, leggendoalcuni libri sul cristianesimo (cosa proibita in diverse nazioni islamiche), rimane molto impressionato dell’amore altissimo di Gesù pernoi. Ne parla: ma viene bastonato, e c’è chi lo cerca per ucciderlo. Perdue volte è imprigionato; anche la polizia lo ricolma di botte. Fuggein Italia ove chiede e ottiene il Battesimo e fa la I^ Comunione, ma gliintegralisti maomettani con ferocia gli dicono: “O ritorni all’Islamismoo ti uccidiamo!” Il parroco di Poggio Rusco e il Vescovo di Mantoval’hanno nascosto per salvarlo dalla morte (cf. il Resto del Carlino 10-2-1994).Saud appena ha scoperto l’amore infinito di Gesù per noi, ha affrontato sacrifici, battiture, prigione e il rischio di essere assassinatopur di amare Gesù e crescere nel suo amore. Quale esempio per te!

GESÚ CRISTO UNICO SALVATORE DEL MONDO 0

GESÚ CRISTO UNICO SALVATORE DEL MONDO


E.mo Cardinale Giacomo Biffi Arcivescovo emerito di Bologna
Premessa: ho accettato l’invito a parlare di Gesù Cristo perché è Lui il cuore, il vertice, la sintesi dell’annuncio evangelico: questo non dobbiamo mai dimenticarlo. Il Cristianesimo è una persona: CristoIl Cristianesimo, in sé, non è una concezione della realtà, non è un codice di precetti, non è una liturgia. Non è neppure uno slancio di solidarietà umana, né una proposta di fraternità sociale. Anzi, il Cristianesimo non è neanche una religione. È un avvenimento, un fatto. Un fatto che si compendia in una persona. Oggi si sente dire che in fondo tutte le religioni si equivalgono perché ognuna ha qualcosa di buono. Probabilmente è anche vero. Ma il Cristianesimo, con questo, non c’entra. Perché il Cristianesimo non è una religione, ma è Cristo. Cioè una persona. L’identikit di CristoIo ho puntato su di Lui la mia vita, l’unica vita che ho: e quindi sento il bisogno ogni tanto di contemplare il mistero, di rinfrescare l’identikit di Cristo. Molte volte sentiamo parlare di Gesù Cristo, ogni tanto sul giornale c’è qualcuno che fa qualche scoop su di Lui, ogni tanto si inventano e danno interpretazioni su chi sia Gesù Cristo, ma gli unici testi che ci parlano di Cristo sono i Vangeli. Perciò o si sta ai Vangeli, oppure si rinuncia a parlare di Lui. Quindi, non dirò neanche una parola che non sia documentabile, a differenza di chi si inventa libri, film e parole. Che tipo era? Prima domanda, la più semplice: che tipo era questo Gesù Cristo? Che uomo era? Questo il Vangelo non lo precisa. E devo dire che un po’ mi secca, perché ho puntato la mia vita su di Lui e non so neppure di che colore fossero i suoi occhi. Era bello o era brutto? Beh, secondo me era bello. C’è un episodio dell’undicesimo capitolo del Vangelo di Luca: Gesù sta parlando alla folla. All’improvviso una donna, lanciando un grido di entusiasmo, dice: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha nutrito». Ecco, questo è il primo panegirico di Cristo. Ed è fatto in termini molto…corporei. Tant’è vero che poi Gesù le rimprovera di trascurare la parola di Dio per soffermarsi sulla Sua bellezza: «Beati quelli che ascoltano laparola di Dio». Noi però ringraziamo questa donna sconosciuta che ci ha permesso di rispondere alla nostra domanda preliminare: Gesù era davvero un bell’uomo.I suoi occhiE aveva anche due splendidi occhi. Lo sguardo di Gesù colpiva chi lo incontrava. I Vangeli, soprattutto quello di Marco, parlavano spesso del suo sguardo: penetrante su Simone, che gli viene presentato dal fratello; affettuoso sul giovane ricco, quello che poi se ne va perché lui gli dice di «lasciare tutto eseguirlo»; di simpatia su Zaccheo, il capo dei pubblicani, gli esattori delle imposte che rubavano (solo allora, per carità, non vogliono dar giudizi…), che lo guardava stando appollaiato su un albero. E, ancora, di tristezza sull’offerta dei ricchi, di sdegno su quel che avveniva nel Tempio, di dolore per chi lo tradisce…Insomma, il suo era uno sguardo che parlava. Aveva idee chiareE che faceva capire come Gesù avesse le idee chiare. Molto chiare. Quando parlava non diceva mai «forse, secondo me, mi pare». E non aveva peli sulla lingua neanche con i potenti: ricordate quando dà della «volpe» al re Erode? Uomo LiberoMa una delle cose più belle di Gesù è che era un uomo libero. Anche dai suoi amici. Quando san Pietro fa la sua professione di Fede (ogni tanto ne azzeccava una anche san Pietro…) Gesù gli fa un panegirico mai dedicato ad un uomo, tanto che san Pietro probabilmente si ringalluzzisce, comincia a pensare in grande. Ma quando Gesù gli annuncia che il suo destino è quello di esser mandato a morte, e Pietro, che già si sente «primo ministro del Regno di Dio», lo prende per un braccio e lo rimprovera, Gesù neanche lo guarda e lo tratta malissimo: «Va’ via da me Satana, tu non pensi alle cose di Dio ma alle cose degli uomini». Niente male per un amico, no? Ancor più libero con i parentiCon i parenti, poi, certe volte era anche peggio. Quando Gesù abbandona la sua casa, a trent’anni, loro lo consideravano pazzo. Lo dice il Vangelo di Marco, capitolo terzo: «Uscirono (i suoi parenti) per andare a prenderlo, perché dicevano: “È uscito di sé”», è fuori di testa. Poi, quando la gente comincia ad andargli dietro, i parenti cercano di riavvicinarsi a Lui, perché capiscono che in qualche modo sta acquistando potere. E allora chiamano Maria, per cercar di convincere Gesù a tornare da loro. E Lui? Capisce tutto, al volo. E fa finta di non riconoscere nemmeno sua madre. Gesù amavaMa non crediate che fosse un uomo troppo duro. Gesù amava. Molto. Anzitutto, i bambini. Sapeva capirli, dote che raramente noi adulti abbiamo: in genere, quando parliamo con loro, sappiamo solo chiedere quanti anni abbiamo, quale classe frequentino… Roba che a loro non interessa per niente. Lui, invece: “Lasciate che vengano a me”. Poi, gli amici. Aveva un forte senso dell’amicizia, Gesù. Per esempio: e, tra questi, era particolarmente legato a Pietro, Giovanni e Giacomo; e, ancora, tra questi soprattutto Giovanni gli era più amico. Insomma, anche lui aveva delle preferenze tra i suoi amici. Come è giusto: gli amici non sono mica tutti uguali. Poi, Gesù amava il suo popolo. Si sentiva pienamente ebreo, israelita. Tanto che il pensiero della distruzione di Gerusalemme lo fece addirittura piangere.

GESÙ CRISTO: IL VERO ED UNICO MESSIA 0

GESÙ CRISTO: IL VERO ED UNICO MESSIA

La coscienza di Gesù circa la sua missioneIn tutte le sue azioni Gesù di Nazareth è dominato dalla certezza di avere un incarico divino. La consapevolezza “Io sono mandato, io sono venuto” è il tratto fondamentale distintivo della figura di Gesù Cristo. Su questa coscienza si fonda la sublime sicurezza del suo contegno.Questa coscienza della sua missione appare chiarissima soprattutto nel Vangelo di Giovanni. L’espressione “colui che Dio ha mandato” (Gv 3, 34; 5, 38; 9, 29; 10, 36; 17, 3) è addirittura per Lui un titolo distintivo ed un nome proprio.Questa certezza della missione è collegata con la coscienza della sua preesistenza da cui riceve il suo particolare valore: “Io sono uscito da Dio e sono venuto. Io non sono venuto da me, ma il Padre mi ha mandato” (Gv 8, 42). “Io non sono disceso dal cielo per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato” (Gv 6, 38).Dietro l’azione ed il messaggio di questo inviato divino (= Messia) sta l’autorità del Padre: “Io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, mi ha comandato ciò che devo dire ed annunciare” (Gv 12, 46).

DOMINUS IESUS 0

DOMINUS IESUS


11. Similmente, deve essere fermamente creduta la dottrina di fede circa l’unicità dell’economia salvifica voluta da Dio Uno e Trino, alla cui fonte e al cui centro c’è il mistero dell’incarnazione del Verbo, mediatore della Grazia divina sul piano della creazione e della redenzione (cf Col 1, 15-20), ricapitolatore di ogni cosa (cf. Ef 1, 10), «diventato per noi,sapienza, giustizia, santificazione e redenzione» (1 Cor 1, 30). Infatti il mistero di Cristo ha una sua intrinseca unità, che si estende dalla elezione eterna in Dio alla parusia: «In lui [il Padre] ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità» (Ef 1, 4). «In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà» (Ef. 1, 11). «Poiché quelli che Egli [il Padre] da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché Egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati» (Rm 8, 29-30).Il Magistero della Chiesa, fedele alla rivelazione divina, ribadisce che Gesù Cristo è il mediatore e il redentore universale: «Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, è diventato egli stesso carne, per operare, lui, l’uomo perfetto, la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale. Il Signore […] è colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei morti». Questa mediazione salvifica implica anche l’unicità del sacrificio redentore di Cristo, sommo ed eterno Sacerdote (cf. Eb 6, 20; 9, 11; 10, 12-14).12. C’è anche chi prospetta l’ipotesi di una economia dello Spirito Santo con un carattere più universale di quella del Verbo incarnato, crocifisso e risorto. Anche questa affermazione è contraria alla fede cattolica, che, invece, considera l’incarnazione salvifica del Verbo come evento trinitario. Nel Nuovo Testamento il mistero di Gesù, Verbo incarnato, costituisce il luogo della presenza dello Spirito Santo è il principio della sua effusione all’umanità non solo nei tempi messianici ( cf. At 2, 32-36; Gv 7, 39; 20, 22; 1 Cor 15, 45), ma anche in quelli antecedenti alla sua venuta nella storia (cf. 1 Cor 10, 4; 1 Pt 1, 10-12).Il Concilio Vaticano II ha richiamato alla coscienza di fede della Chiesa questa verità fondamentale. Nell’esporre il piano salvifico del Padre riguardo tutta l’umanità, il Concilio connette strettamente sin dagli inizi il mistero di Cristo con quello Spirito. Tutta l’opera di edificazione della Chiesa, da parte di Gesù Cristo Capo, nel corso dei secoli, è vista come una realizzazione che Egli fa in comunione con il suo Spirito.Inoltre, l’azione salvifica di Gesù Cristo, con e per il suo Spirito, si estende, oltre i confini visibili della Chiesa, a tutta l’umanità. Parlando del mistero pasquale, nel quale Cristo già ora associa a sé vitalmente nello Spirito il credente e gli dona la speranza della risurrezione, il Concilio afferma: «E ciò non vale solamente per i cristiani ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la Grazia. Cristo infatti è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale».È chiaro, quindi, il legame tra il mistero salvifico del Verbo incarnato e quello dello Spirito, che non fa che attuare l’influsso salvifico del Figlio fatto uomo nella vita di tutti gli uomini, chiamati da Dio ad un’unica meta, sia che abbian preceduto storicamente il Verbo fatto uomo, sia che vivano dopo la sua venuta nella storia: di tutti loro è animatore lo Spirito del Padre, che il Figlio dell’uomo dona liberamente (cf. Gv 3, 34). Per questo il recente Magistero della Chiesa ha richiamato con fermezza e chiarezza la verità di un’unica economia divina: «La presenza e l’attività dello Spirito non toccano solo gli individui, ma anche la società e la storia, i popoli, le culture, le religioni […]. Il Cristo risorto opera nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito […]. È ancora lo Spirito che sparge i “semi del Verbo”, presenti nei riti e nelle culture, e li prepara a maturare in Cristo». Pur riconoscendo la funzione storico-salvifica dello Spirito in tutto l’universo e nell’intera storia dell’umanità, esso, tuttavia, ribadisce: «Questo Spirito è lo stesso che ha operato nell’incarnazione, nella vita, morte, resurrezione di Gesù e opera nella Chiesa. Non è, dunque, alternativo Cristo, né riempie una specie di vuoto, come talvolta si ipotizza esserci tra Cristo e il Logos. Quando lo Spirito opera nel cuore degli uomini e nella storia dei popoli, nelle culture religioni, assume un ruolo di preparazione evangelica e non può non avere riferimento a Cristo, Verbo fatto carne per l’azione dello Spirito, “per operare Lui, l’Uomo perfetto, la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale”».In conclusione, l’azione dello Spirito non si pone al di fuori o accanto a quella di Cristo. Si tratta di una sola economia salvifica di Dio Uno e Trino, realizzata nel mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione del Figlio di Dio, attuata con la cooperazione dello Spirito Santo ed estesa nella sua portata salvifica all’intera umanità e all’universo: «Gli uomini non possono entrare in comunione con Dio se non per mezzo di Cristo, sotto l’azione dello Spirito».

DIALOGO FRA DIO MISERICORDIOSO E L’ANIMA CHE SOFFRE 0

DIALOGO FRA DIO MISERICORDIOSO E L’ANIMA CHE SOFFRE

. – Gesù: « O anima, ti vedo tanto sofferente, vedo che non hai nemmeno le forze per parlare con Me. Ecco che ti parlerò Io, o anima. Anche se le tue sofferenze fossero le più grandi, non perdere la serenità dello spirito e non lasciarti vincere dallo sconforto. Però dimmi, bambina Mia, chi ha osato ferire il tuo cuore? RaccontaMi tutto, raccontaMi tutto, sii sincera nel trattare con Me. SvelaMi tutte le ferite del tuo cuore, Io le guarirò e la tua sofferenza diverrà la fonte della tua santificazione ».- L’anima: « Signore, le mie sofferenze sono così grandi, diverse e durano da così lungo tempo, che lo sconforto si è impadronito di me ».- Gesù: « Bambina Mia, non bisogna lasciarsi prendere dallo sconforto. So che confidi in Me illimitatamente, so che conosci la Mia bontà e Misericordia, perciò potremmo parlare dettagliatamente di tutto ciò che ti pesa maggiormente sul cuore ».- L’anima: « Sono tante e diverse le cose che ho, che non sodi che cosa parlare prima e come dire tutto questo ».- Gesù: « Parla con semplicità, come si parla fra due amici. Su, dimmi un po’, bambina Mia, che cos’è che ti frena sulla strada della santità? ».- L’anima: « La mancanza di salute mi frena sulla strada della santità, non posso adempire i miei doveri ed eccomi qua, sono proprio una nullità. Non posso mortificarmi, fare un digiuno rigoroso, come hanno fatto i santi, inoltre non credono che io sia malata ed alla sofferenza fisica si aggiunge quella morale e da ciò derivano molte umiliazioni. Vedi bene, Gesù, come si può diventar santa in tali condizioni? ».- Gesù: « Piccola, è vero, tutto ciò è sofferenza, ma per il cielo non c’è altra strada, all’infuori della strada della croce. Io Stesso l’ho percorsa per primo. Sappi che è la strada più corta e la più sicura ».- L’anima: « Signore, ecco ancora un altro impedimento ed un ostacolo sulla strada della santità. Mi perseguitano perché Ti sono fedele e per questo motivo mi fanno soffrire ».- Gesù: « Sappi che siccome non sei di questo mondo, il mondo ti odia. Ha perseguitato prima Me. Questa persecuzione è il segno che segui fedelmente le Mie orme ».- L’anima: « Signore, un’altra cosa che mi dà sconforto è il fatto che le mie sofferenze interiori non le comprendono né i superiori né il confessore. Le tenebre hanno offuscato la mia mente e, in tali condizioni, come andare avanti? Ecco, tutto ciò in qualche modo contribuisce a scoraggiarmi e penso che le vette della santità non sono per me ».- Gesù: « Ecco, bambina Mia, questa volta Mi hai detto molte cose. Lo so che è una grande sofferenza non essere capiti e per di più da coloro che amiamo e verso i quali la nostra sincerità è grande. Ti basti questo però, che Io comprendo tutte le tue pene e le tue miserie. Gioisco per la profonda fede che hai, nonostante tutto, nei Miei rappresentanti, ma sappi che gli uomini non possono capire totalmente un’anima, poiché ciò è al di sopra delle loro possibilità. Per questo sono restato sulla terra Io stesso, per confortare il tuo cuore addolorato e rafforzare la tua anima, affinché non venga meno lungo il cammino. Tu dici che grandi tenebre coprono la tua mente ed allora perché in quei momenti non vieni da Me, che sono la luce e in un istante posso infondere nella tua anima tanta luce e comprensione della santità che non potrai attingere da nessun libro e che nessun confessore è in grado d’insegnare, illuminando così un’anima? Sappi inoltre che queste tenebre, di cui ti lamenti, le ho sperimentate prima Io per te nell’Orto degli Ulivi. La Mia anima è stata oppressa da una tristezza mortale e a te do una piccola parte di quelle sofferenze, e questo per l’amore particolare che ho verso di te e per l’alto grado di santità che ti destino in cielo. L’anima che soffre è la più vicina al Mio Cuore ».- L’anima: « Ancora una cosa, Signore. Cosa fare quando vengo disprezzata e respinta dalla gente e specialmente da coloro sui quali avevo diritto di contare e ciò nei momenti di maggior necessità? ».- Gesù: « Bambina Mia, fai il proposito di non contare mai sugli uomini. Farai molte cose, se ti affiderai completamente alla Mia volontà e dirai: Avvenga di me non come voglio io, ma secondo la Tua volontà, o Dio. Sappi che queste parole, dette dal profondo del cuore, portano l’anima in un attimo sulle vette della santità. Per una tale anima ho una speciale predilezione, un’anima del genere Mi rende una grande gloria e riempie il cielo col profumo delle sue virtù. Sappi anche che la forza che hai per sopportare le sofferenze, la devi alla santa Comunione frequente, perciò va spesso a quella fonte di Misericordia ed attingi col recipiente della fiducia tutto ciò che ti serve ».- L’anima: « Ti ringrazio, Signore, per la tua inconcepibile bontà, per esserTi degnato di rimanere con noi in questo esilio, dove dimori con noi come Dio di Misericordia e diffondi attorno a te lo splendore della tua compassione e bontà. Alla luce dei Tuoi raggi di Misericordia ho conosciuto quanto mi ami ».