Chiese di essere immersa nella piscina. Sparirono metastasi e dolori
Scritto il 28 Giugno 2009.«Portatemi in piscina», cose da matti. Era appena arrivata all’hotel Moderne, stanca per il viaggio dalla Toscana, e se n’era uscita così, d’improvviso: «Portatemi alla piscina». Chiaro che il marito e la madre non fossero molto convinti, alle pendici dei Pirenei in primavera fa ancora fresco, il 14 maggio del 1998 l’acqua della fonte che attraversa la roccia calcarea della grotta di Massabielle era gelida e un’immersione sarebbe stata poco raccomandabile per chiunque, figurarsi per una giovane donna divorata dal dolore e dalle metastasi, cancro al pancreas, al fegato, ovunque, a ventitré anni le cellule malate si moltiplicano con furia malvagia. Però lei insisteva, quando lo racconta non descrive un’ispirazione particolare, «così, mi è solo venuta voglia di andare là», del resto non si può negare un desiderio a chi ha i giorni contati.
Solo che quella donna adesso ha ventinove anni, due figli, una figura alta e magra ma senza volto né nome, confusa nella folla di pellegrini raccolti intorno a Giovanni Paolo II lungo le rive del Gave. La settimana prossima, come ogni anno, andrà «al bureau médicale» per la sesta e ultima visita di controllo, «da queste parti sono precisi, i medici verificano che la malattia non abbia avuto un seguito e solo alla fine, dopo cinque o sei visite annuali, dichiarano di non sapere perché», spiega don Franco Degrandi, presidente dell’Oftal, un’organizzazione ecclesiale che accompagna ogni anno oltre quindicimila malati.
È stato don Franco a essere chiamato, fin dal primo anno, a tradurre l’intero dossier per i medici francesi. Il bureau non dichiara «miracoli» perché la scienza, come spiegava Popper, si fonda sulle palafitte: può dire che un evento «non si può spiegare» ma non spingersi al punto da affermare che è «inspiegabile». Se un caso «non si può spiegare» la valutazione del Comitato internazionale medico di Lourdes viene trasmessa al vescovo della diocesi in cui vive la persona guarita d’improvviso. Una procedura lunga e prudente, il bureau conta settemila casi non spiegabili dal 1883 ma la Chiesa ha riconosciuto 66 guarigioni miracolose.
I medici sono guardinghi, le persone suggestionabili o in cerca di pubblicità non passano neppure il controllo preliminare. Non è il caso della signora toscana, don Franco sorride appena, «in sei anni non ne ha mai voluto parlare con nessuno, dice: il Signore mi ha dato questa gioia, ha dato uno scopo alla mia vita». Ora conduce una vita normale, lavora, in parrocchia il marito prepara le coppie di fidanzati al matrimonio. Erano sposati da un anno quando lei scoprì di avere il cancro, in breve il dolore si era fatto insopportabile e non è che avesse una gran voglia di prendere l’aereo per Lourdes, «erano stati il marito e la madre a insistere». Anche per questo non riuscivano a capire perché mai le fosse venuta in mente quell’idea così balzana. Probabile che abbiano pensato fosse un po’ svanita, lei che s’immergeva nella piscina e sorrideva, «che bello, l’acqua è così tiepida!». Si era sentita già meglio ma non aveva detto niente, si sa mai, durante la notte dormì come non le capitava da tanto, l’indomani stava di nuovo là, nell’acqua a pochi metri dalla Grotta della Vergine.
E poi? «Poi niente: né dolori né metastasi». Don Franco ha i capelli bianchi e pare uscito da un quadro di El Greco, una figura magra e ascetica che racconta la storia come fosse nell’ordine delle cose. Perché c’è un senso più ampio, «il vero miracolo è la revisione di vita», spiega, «uno sguardo che guarda più lontano, un cuore che cambia, eventi che accadono di continuo…».
Franco e Maria si sono sposati il 4 maggio, due settimane più tardi lui ha scoperto di avere una sclerosi a placche, pochi giorni fa è arrivato a Lourdes su una sedia a rotelle, «voglio un miracolo», diceva. E don Franco ha presentato loro Luciana, che da ventisette anni convive con la stessa malattia, «la scoprì il secondo giorno di nozze, nel frattempo lei e suo marito hanno adottato e cresciuto un bimbo: avrebbe dovuto vedere come si parlavano, lei e gli sposi, non è un miracolo anche questo?».
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