Il purgatorio

Padre Raimondo Bardelli

Nel confronto diretto tra l’anima ed il Cristo glorioso, che avviene subito dopo la morte, essa percepisce immediatamente se la sua vita è in piena armonia con le esigenze dell’amore del Cristo, o se esistono delle disarmonie che ne impediscano l’abbraccio eterno.
Nella luce di questo giudizio particolare l’uomo percepisce se la sua unione con Cristo è pura, o inquinata e appesantita da elementi negativi, nati dal suo peccato, o addirittura se è incrinata da azioni negative, piccoli peccati, ancora presenti al momento della sua morte. L’anima umana è illuminata dallo splendore d’amore che promana dall’umanità gloriosa del Cristo fin dalle fibre più intime. Nulla sfugge a questa luce. Se l’anima scorge in sè stessa anche la più piccola impurità, cioè una sfumatura che incrina la purezza del suo amore verso Cristo, essa sente di non potersi unire all’amplesso d’amore con lo sposo in modo totale, per cui ardentemente desidera uno stato di purificazione e di riparazione, che progressivamente la liberi dai resti dei suoi peccati, o dai peccati veniali non ancora rimessi, perdonati e purificati dal sangue di Cristo. Solo così purificata, l’anima sarà unita perfettamente al Cristo e potrà entrare a contemplare e godere direttamente “faccia a faccia” con Lui ed in Lui il Dio vivente.
L’anima stessa scorgendo questo stato di purificazione s’immerge in esso, per togliere da sè tutto quanto la giustizia divina ha mostrato in lei d’imperfetto ed ingiusto, attraverso la luce sfolgorante del Cristo.
Questo stato di purificazione è quello che noi chiamiamo Purgatorio. Chi entra in questo stato di espiazione e di purificazione, continua ad essere membro vivo della Chiesa, cioè parte vivente, anche se in via di purificazione, del corpo mistico di Cristo. In esso continua ad operare e ad essere presente lo Spirito Santo, principio di unità, medicina che rinnova e fa crescere la vita divina nel cuore dei discepoli di Cristo. Anche in questo stato di purificazione, lo Spirito di Dio continua la sua opera di purificazione, per fare risplendere maggiormente la vita divina che il suo amore ha posto e sviluppato nell’anima durante il cammino terreno.
Chi vive in questo stato di attesa e di purificazione, conserva il grado d’amore che ha acquisito sulla terra, l’amicizia con Dio e l’unione col Cristo: conserva quindi la piena comunione con tutta la Chiesa, coi fratelli che sono sulla terra e quelli che sono in cielo e godono già della visione beatifica di Dio. Essi continuano a partecipare alla lode, al ringraziamento, all’implorazione che sale da tutta la Chiesa, in Cristo, verso la Trinità. Sono privati di una sola cosa: la visione beatifica di Dio. Infatti “L’unione dei viatori coi fratelli morti nella pace di Cristo non è minimamente spezzata anzi, secondo la perenne fede della Chiesa è consolidata dalla comunicazione dei beni spirituali”(1). Ne deriva che questi nostri fratelli che vivono in questo stato di purificazione continuano la loro Vita in Cristo, ma in uno stato di sofferenza purificatoria. Occorre notare: questa sofferenza è ardentemente desiderata, essendo il mezzo che la misericordia di Dio ha loro elargito per potersi purificare definitivamente dal peccato, che impedisce loro di potere accedere alla visione diretta di Dio.
Il purgatorio è caratterizzato infatti da un grande dolore, proporzionato alla necessità di purificazione, e da una gioia grandissima, perché l’individuo ha in sé la certezza di arrivare alla visione beatifica di Dio. Questa sofferenza ha lo scopo di portare a compimento la: purificazione e l’espiazione dei peccati non compiuta durante il cammino terreno, o perché l’anima non ha fatto una penitenza adeguata dei peccati commessi e perdonati, o perché al momento della morte essa non era del tutto libera da attaccamenti disordinati: affetti, peccati veniali, od altre imperfezioni.
Questa purificazione ed espiazione avviene attraverso sofferenze sulla natura delle quali noi conosciamo ben poco. Sappiamo che parte di questa sofferenza è costituita dalla privazione della visione “Faccia a faccia” di Dio, cioè dal non potere contemplare in Cristo lo splendore del volto di Dio. Essi lo hanno contemplato nel momento del giudizio particolare e poi immediatamente si sono trovati in questo luogo di purificazione, in cui lo possono intravedere confusamente in proporzione della capacità d’amore imperfetta presente in loro. Sono soggetti ad una miopia causata dal loro essere peccatori, non ancora purificati. I resti di peccato presenti in loro, infatti, impediscono ed offuscano la loro capacità contemplativa di Dio e di Cristo. Inoltre il loro essere peccatori impedisce anche la pienezza di unione con Cristo, che desiderano ardentemente con tutto loro stessi.
Queste privazioni determinano nell’anima che si trova in questo stato di purificazione, una sofferenza inaudita, che la purifica progressivamente, avvicinandola sempre più alla meta definitiva. Questa privazione della piena unione con Cristo, impedita dal peccato presente in loro, possiamo ritenerla la sofferenza della pena del senso. Infatti si sentono spinti con tutta la passione dell’anima verso la fusione col Cristo, e ne sono impediti dai resti del peccato. Ciò strazia tutto il loro essere. La sofferenza del danno è costituita dalla privazione della visione beatifica dello splendore del Cristo risorto e della Trinità. Col progredire della purificazione l’anima si sente maggiormente unita a Cristo ed in lui con la Trinità.
Il purgatorio termina quando l’anima è arrivata al massimo splendore di purificazione del grado d’amore che ha acquisito sulla terra. Si deve notare, infatti, che la sofferenza del purgatorio non accresce l’amore nell’anima, ma lo purifica dalle scorie del peccato, per portarlo a quella purezza che l’ammette all’unione totale con Cristo e alla contemplazione della sua gloria e di quella della Trinità. Questo progressivo avvicinamento alla meta è causa di gioia, mentre il permanere dell’impedimento dei resti del peccato che frenano il cammino verso la meta è causa di indicibile dolore. Ecco perchè, come abbiamo notato, il purgatorio è uno stato di vita caratterizzato da un’indicibile sofferenza, mista ad una gioia grandissima. I testi del Concilio parlano di una sofferenza purificatrice in senso passivo “purificantur”, cioè di una purificazione accettata e ricevuta, desiderata ed amata (“La remissione dei peccati sempre desiderata come dice la liturgia dei defunti”) per arrivare alla meta del Paradiso.
Occorre notare: questa purificazione, espiazione e riparazione del purgatorio è attuata nella comunione con tutta la Chiesa. I fratelli defunti compiono il loro destino non in modo solitario, ma nel popolo di Dio, in unione con Cristo capo e con tutte le membra. Sono aiutati dalle preghiere, dai suffragi, dalle opere buone della Chiesa peregrinante sulla terra, e sono “rinsaldati nella santità” dai beati del cie1o .(2)
“La Chiesa dei viatori riconoscendo benissimo la comunione di tutto il corpo mistico di Gesù Cristo, fin dai primi tempi della religione cristiana coltivò con grande pietà la memoria dei defunti ( cfr. molte iscrizioni nelle catacombe romane ce lo attestano ) e “poichè santo e salutare è il pensiero di pregare per i defunti perchè siano assolti nei peccati”( 2Mac. 12,46 ) ha offerto per loro anche suffragio (3) “. La salvezza è una realtà ecclesiale: si attua nella Chiesa, cioè in Cristo e con Cristo che è capo della chiesa e fonte della sua santità. I fedeli defunti non pongono più alcun ostacolo a questa inondazione di salvezza e vogliono integralmente essere salvati in Cristo.
I suffragi che la chiesa peregrina qui sulla terra offre a Dio per loro costituiscono un atto di carità ecclesiale, avvicinano maggiormente a Cristo, consolidano nella carità coloro che li compiono, ed allo stesso tempo purificano i nostri fratelli del purgatorio. Noi che siamo sulla terra possiamo accelerare il loro cammino verso il Paradiso con le nostre opere buone.
Tutto questo è basato sulla comunione del bene che può avvenire tra i vari membri del corpo mistico di Cristo. Le anime del purgatorio a loro volta possono pregare per noi, intercede presso Dio per noi, come i santi dal cielo. Il Concilio Vaticano Il descrive in questo modo l’intercessione per noi dei santi del cieli: “Ammessi nella patria celeste e presenti davanti al Signore, per mezzo di Lui, e con Lui ed in Lui non cessano d’intercedere per noi presso il Padre, offrendo i meriti acquistati in terra mediante il Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini, servendo al Signore in ogni cosa e dando compimento nella loro carne, a ciò che manca alle sofferenze di Cristo per il suo corpo che è la Chiesa. La nostra debolezza è molto aiutata dalla loro fraterna sollecitudine. (4) I nostri fratelli che si trovano in questa purificazione possono fare la stessa cosa, anche se in modo diverso: non possiedono la visione benefica di Dio, ma possono sempre, con Cristo, in Cristo e per Cristo, offrire a Dio i meriti che hanno acquistato in terra per il bene dei fratelli che pregano per loro o ad essi ricorrono. E attraverso questa comunione d’amore che lega il cielo con la terra ed il purgatorio con gli uomini in cammino verso la salvezza, che forma quell’intima comunione tra i vari membri del corpo mistico di Cristo, che restano uniti e uno fra loro e con Cristo anche dopo la morte.
Tale unione è mantenuta dallo Spirito di Dio,”anima di questo corpo di Cristo”. Il purgatorio è un dono della misericordia di Dio per coloro che non sono ancora pronti ad entrare in contatto ed in piena comunione con Cristo ed in Lui con Dio. Come abbiamo visto, è uno stato di vita di purificazione e di riparazione dei nostri peccati, non espiati sufficientemente su questa terra. Chi non vuole andare in purgatorio deve anticipare attraverso la carità, la penitenza, l’elemosina, la preghiera ecc …. questa purificazione. Sopportando con amore e pazienza i dolori e le sofferenze della vita presente, vivendoli uniti a Cristo, per completare nelle proprie membra quello che manca alla sofferenza di Cristo per il suo corpo che è la Chiesa (Col. 1,24).
Viviamo sempre più intensamente i comandamenti di Dio e le beatitudini evangeliche,ed allora il nostro cuore sarà pronto nel giorno della morte di entrare nella gloria di Dio. Certo occorre riscoprire in modo più intenso nella nostra vita il “senso di Dio”, cioè capire col cuore chi è Dio, la sua santità ed il suo infinito e purissimo amore, per comprendere il male immenso che immette in noi anche il più piccolo peccato.
I Santi che avevano compreso questo erano arrivati a dire con tutto loro stessi: piuttosto che commettere un peccato mortale preferisco la morte … e molti fra di loro lo dicevano anche del peccato veniale volontario, cioè pienamente cosciente

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