Categoria: SANTA MESSA

Perché vado alla S. Messa ogni Domenica? 0

Perché vado alla S. Messa ogni Domenica?

Da circa un anno monsignor Raffaello Martinelli, Officiale alla Congregazione per la Dottrina della Fede e collaboratore del Cardinale Joseph Ratzinger per 23 anni, ha messo a disposizione dei fedeli presso la Basilica dei SS Ambrogio e Carlo al Corso, a Roma, alcune schede catechistiche su argomenti di attualità, redatte sulla base del Catechismo e di altri documenti pontifici.Con grande meraviglia monsignor Martinelli, che dal 1987 è anche Rettore del Collegio Ecclesiastico Internazionale San Carlo e Primicerio della Basilica di San Carlo al Corso (WWW.SANCARLO.PCN.NET), ha constatato che più di 800.000 schede sono state prese dalle persone che sono entrate nella Basilica.Conscia di questa situazione, Antonia Salzano, Presidente dell’Istituto e delle Edizioni San Clemente I Papa e Martire (WWW.ISTITUTOSANCLEMENTE.IT) ha voluto raccogliere le 33 schede in un CD, ora in vendita presso le librerie cattoliche con il titolo “Catechesi Dialogica su argomenti di attualità”.Il tema affrontato è: “Perché vado alla S. Messa ogni Domenica?”. Che cos’è la S. Messa?La S. Messa è:• la celebrazione del mistero-sacrificio Pasquale (passione, morte, risurrezione) di Cristo Signore, reso presente ed efficace all’interno della comunità cristiana: “Celebriamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”;• la presenza vera, reale, sostanziale del Cristo con il suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità: vero Dio e vero Uomo;• il banchetto-comunione con Cristo e, grazie a Lui, con i fratelli: mediante il suo sacrificio, Cristo ci unisce mirabilmente a sè e tra noi, così da costituire una “cosa sola”.Cristo nella S. Messa:• rende lode e grazie a Dio Padre (eucaristia);• attualizza il suo Sacrificio pasquale (memoriale);• si rende presente realmente con il suo Corpo e Sangue nel pane e nel vino consacrati nella potenza dello Spirito Santo (transustanziazione);• si fa nostro cibo e bevanda per la nostra salvezza eterna (banchetto). Chi ha istituito la S. Messa?Cristo Signore ha istituito la S. Messa il giovedì santo, la notte in cui veniva tradito. Che cosa significa che la S. Messa è il Memoriale del Sacrificio di Cristo?La S. Messa è memoriale nel senso che rende presente ed efficace sull’altare, in modo incruento, il sacrificio che Cristo, in modo cruento, ha offerto al Padre sul Calvario per la salvezza di tutti gli uomini.La S. Messa non è dunque soltanto il ricordo di avvenimenti passati, ma rende presente e attuale quell’unico e perfetto sacrificio di Cristo sulla croce.Identici sono la vittima e l’offerente: Cristo. Identica la finalità: la salvezza di tutti. Diverso è il modo di offrirsi: cruento sulla croce del Calvario, incruento nella S. Messa. Che cosa significa Transustanziazione?Significa che nella S. Messa, grazie alla potenza dello Spirito Santo, il pane di grano e il vino di uva diventano, nella loro sostanza, il Corpo e il Sangue di Cristo. Qual è il rapporto tra la S. Messa e la Chiesa?L’Eucaristia esprime e costruisce la Chiesa, come autentica comunione del popolo di Dio, nella sua ricca pluralità e nella sua intima unità. Lo stesso pane eucaristico, fatto di molti grani, e il vino, fatto con molti acini, significano l’unità e la pluralità del popolo cristiano che celebra l’Eucaristia.L’Eucaristia fa la Chiesa, nel senso che l’Eucaristia la riunisce, la manifesta, la nutre, la fortifica, la fa crescere in qualità e la invia a tutta l’umanità.E nello stesso tempo, la Chiesa fa l’Eucaristia, la celebra, la offre al Padre unita a Cristo nello Spirito Santo.L’Eucaristia è l’apice della liturgia. È il compendio e la somma della nostra Fede. Contiene tutto il tesoro spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e nostro pane vivo. È il luogo privilegiato in cui la Chiesa confessa la sua Fede e la confessa nel modo più alto e completo. Come la S. Messa coinvolge la vita quotidiana?La S. Messa costituisce il centro, il cuore di tutta la vita cristiana per la comunità ecclesiale, universale e locale, e per i singoli fedeli.Infatti, la S. Messa:- è il culmine dell’azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo, e del culto che gli uomini danno al Padre;- è fonte e vertice di tutta la vita cristiana. Si pone al centro della vita ecclesiale. Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato;- è il punto di arrivo e di partenza di ogni attività della comunità cristiana e di ogni fedele. È dalla S. Messa che si va verso il mondo, verso la propria attività quotidiana con l’impegno di vivere ciò che si è celebrato (Messa – mandato – missione nel mondo).Ed è alla S. Messa che si fa ritorno, tutti ripieni del proprio lavoro (Eucaristia, offerta e lode per tutto ciò e di tutto ciò che si è fatto per mezzo di Cristo);• è il centro, la norma, il modello e il più sublime momento di ogni preghiera della Chiesa e del singolo cristiano;• è l’appuntamento d’amore, settimanale ma anche possibilmente quotidiano, con Colui che ha dato tutto se stesso per noi;• è il sacramento nel quale viene manifestato e attuato il mistero di Cristo, il mistero della Chiesa, il mistero stesso della persona umana, la quale esprime e realizza compiutamente se stessa nella S. Messa;• La S. Messa è alimento, luce e forza per il nostro pellegrinaggio terreno e suscita e alimenta il nostro desiderio della vita eterna: il Paradiso. C’è una preghiera che sia uguale o superi la S. Messa?Assolutamente no. La S. Messa supera la portata delle altre preghiere, ed anzi nessun’altra azione della Chiesa ne uguaglia l’efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado. Essa è quanto di più prezioso la Chiesa possa avere nel suo cammino nella storia. In essa è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa. È obbligatorio partecipare alla S. Messa?I cristiani hanno l’obbligo di partecipare alla S. Messa ogni domenica e nelle altre feste di precetto, a meno che non vi siano gravi motivi (malattia…). In assenza di tali gravi motivi, il cristiano, che non adempie tale obbligo, commette peccato mortale.L’Eucaristia domenicale è «una questione di identità», anzi un bisogno, una necessità vitale, dalla quale non si può evadere. Perché è obbligatorio proprio di domenica?Perché Gesù Cristo è risorto “il primo giorno dopo il sabato” (Lc 24,1), il dies solis (il giorno del sole), poi chiamato dies Domini: il giorno di domenica (cfr. S. Giustino, I Apologia, cap. 65/67).E la risurrezione di Cristo è l’evento centrale di tutta la vita di Cristo e della nostra Fede cristiana.“Se Cristo non è risuscitato, vana è la vostra Fede” ci dice S. Paolo (1 Cor 15,14). Come si santifica la domenica?• Partecipando alla S. Messa;• e dedicandosi a quelle attività che consentono di:- rendere culto a Dio (maggior tempo dedicato alle preghiere personali e familiari, agli incontri e alle letture di approfondimento religioso, alle visite ai cimiteri …);- curare la propria vita coniugale, familiare, parentale;- assicurare il giusto e doveroso riposo del corpo e dello spirito;- dedicarsi alle opere di carità soprattutto a servizio dei malati, degli anziani, dei poveri… Quale deve essere il nostro atteggiamento nei confronti della S. Messa?La S. Messa, per ciò che è, richiede da parte nostra:• una grande Fede (“mistero della Fede”) che porta ad accogliere tutta la ricchezza del mistero;• una continua disponibilità ad approfondire, mediante la catechesi, ciò che viene celebrato così che possa diventare Vita nella nostra vita;• una formazione adeguata, in vista di una piena, consapevole e attiva partecipazione alla celebrazione eucaristica;• una partecipazione gioiosa e comunitaria. Proprio perché la S. Messa ha carattere comunitario, grande rilievo assumono:- i dialoghi fra il celebrante e l’assemblea- il canto: segno della gioia del cuore: “Prega due volte chi canta bene”- i gesti e gli atteggiamenti (stare in piedi, in ginocchio, seduti…), che esprimono e favoriscono l’intenzione e i sentimenti interiori di partecipazione, e che sono segno dell’unità di spirito di tutti i partecipanti;• una purezza di coscienza: solo chi è in pace con Dio e con i fratelli partecipa pienamente ed efficacemente alla S. Messa;• una partecipazione completa. Essa comporta:- puntualità nell’arrivare in Chiesa per l’inizio della S. Messa;- partecipazione attenta alla mensa della Parola di Dio;- condivisione del banchetto del Corpo del Cristo (“Prendete e mangiatene tutti…”). Partecipando alla S. Messa, si deve fare la S. Comunione?È cosa molto buona che i cattolici, ogni qual volta partecipano alla S. Messa, facciano anche la S. Comunione. E comunque non più di due volte al giorno. Chi può fare la S. Comunione?Può fare la S. Comunione ogni cattolico che sia in Grazia di Dio, e cioè che, dopo aver esaminato attentamente la sua coscienza, abbia la consapevolezza di non essere in peccato mortale, perchè in tal caso commetterebbe un sacrilegio: “Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del Sangue del Signore… mangia e beve la propria condanna” (1 Cor 11, 27-29). Come accostarsi alla S. Comunione?• Con rispetto: anche con l’atteggiamento del corpo (gesti, abiti dignitosi) si esprime il rispetto, la solennità, la gioia di questo incontro con il Signore;• con il digiuno da almeno un’ora;• dopo aver partecipato, dall’inizio, alla S. Messa, e impegnandosi a ringraziare il Signore per il grande Dono ricevuto, anche dopo la S. Messa e durante la giornata e la settimana. Perché è importante rispettare le norme liturgiche nella S. Messa?Le norme liturgiche:• esprimono e tutelano la S. Messa, la quale, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo Corpo che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza;• consentono di rispettare ed attuare l’intrinseco legame tra professione e celebrazione della Fede, tra la lex orandi e la lex credendi: La sacra Liturgia, infatti, è intimamente collegata con i principi della dottrina e l’uso di testi e riti non approvati comporta, di conseguenza, che si affievolisca o si perda il nesso necessario tra la lex orandi e la lex credendi;• sono espressione dell’autentico senso ecclesiale. Attraverso di esse passa l’intero flusso della Fede e della tradizione della Chiesa.• La S. Messa non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità nella quale si celebrano i Misteri. L’obbedienza alle norme liturgiche va riscoperta e valorizzata come riflesso e testimonianza della Chiesa una e universale, resa presente in ogni celebrazione dell’Eucaristia;• garantiscono la validità, la dignità, il decoro dell’azione liturgica, e con essa anche il “rendersi presente” di Cristo;• conducono alla conformità dei sentimenti nostri con quelli di Cristo, espressi nelle parole e nei riti della Liturgia;• esprimono e garantiscono il “diritto” dei fedeli ad una celebrazione degna, e pertanto anche il loro diritto ad esigerla.• Qualora si verificassero inadempienze ed abusi, i fedeli le segnalino, nella verità e con carità, alla legittima autorità (al Vescovo o alla S. Sede). Quali danni causano gli abusi liturgici?• Gli abusi liturgici non solo deformano la celebrazione, ma provocano insicurezza dottrinale, perplessità e scandalo nel popolo di Dio. Non rispettare le norme liturgiche contribuisce ad oscurare la retta Fede e la dottrina cattolica su questo mirabile Sacramento. Gli abusi liturgici, più che espressione di libertà, manifestano una conoscenza superficiale o anche ignoranza della grande tradizione biblica ed ecclesiale relativa all’Eucaristia, espressa in tali norme.• Il Mistero affidato alle nostre mani è troppo grande perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il carattere sacro e la dimensione universale. Che cosa hanno detto alcuni Santi circa l’Eucaristia?• “Se voi siete il corpo di Cristo e le sue membra, allora il vostro stesso mistero giace sulla mensa eucaristica. Voi dovete essere ciò che vedete e dovete ricevere ciò che siete” (S. Agostino).• “Soltanto la Chiesa può offrire al Creatore questa oblazione pura (l’Eucaristia), offrendogli con rendimento di grazie ciò che proviene dalla sua creazione” (S. Ireneo).• “La parola di Cristo, che potè creare dal nulla ciò che non esisteva, non può trasformare in una sostanza diversa ciò che esiste?” (S. Ambrogio).• “L’Eucaristia è quasi il coronamento di tutta la vita spirituale e il fine al quale tendono tutti i sacramenti” (S. Tommaso).

Perché ritornare alla Messa in latino? 0

Perché ritornare alla Messa in latino?

LETTERA APERTA SUL “MOTU PROPRIO” DEL PAPA di Patrizia Stella Il Centro Cultura Cristiana di Verona, a nome di molti cittadini veronesi, vuole ringraziare S. Ecc. Mons. Marco Agostini, della Segreteria di Stato Vaticano che ha difeso con estrema chiarezza, in una lettera aperta ai vari giornali la perenne validità della Liturgia latina, come da invito di Papa Benedetto nel “Motu Proprio Summorum Pontificum”.È vero che dai nostri pulpiti ha fatto eco un rigoroso silenzio, purtroppo, se non addirittura una palese ostilità, come se stesse per avanzare un grave pericolo per tutta la cristianità, a tal punto che lo stesso Monsignore si chiede, esterrefatto, il perché di questo accanimento contro il messale antico che alimentò la santità di milioni di credenti per interi secoli, ed Egli stesso offre la sua stupenda esperienza vissuta in alcuni monasteri benedettini le cui meravigliose liturgie antiche sembrano aprire anzitempo la strada del Paradiso.Ebbene, al di là della reazione indifferente se non ostile di buona parte del Clero, come detto, è pur vero che la gente comune non si spiega il perché della necessità di un ritorno alla lingua latina quando è più facile capire la nostra! Ma la questione non è propriamente o solamente nella lingua, è ben più di questo, a maggior ragione perché il rito riformato nel 1962 dal Beato Giovanni XXIII (quello che Papa Benedetto vuole ripristinare) prevede le letture in lingua vernacola, cioè della propria Nazione, suddivise in anni per facilitare la lettura di quasi tutto il Vecchio Testamento in un triennio circa. Non si tratta solo di un ritorno al latino, che già sarebbe auspicabile, essendo lingua ufficiale della Chiesa, che accomuna le preghiere di tutti i popoli del mondo in un’unica invocazione a Dio, come accade ad esempio nei grandi pellegrinaggi quando si recita con emozione il “Pater Noster” accanto ai nostri fratelli dell’Asia o dell’Africa. È di più!Premettiamo che noi abbiamo sempre seguito ed accolto tutte le riforme della Chiesa nelle sue direttive e nei suoi Concili perché non facciamo parte dei cosiddetti “tradizionalisti”, ed è con la stessa disponibilità e apertura d’animo che adesso vogliamo accettare di buon grado l’invito di Sua Santità Benedetto XVI teso a rivalutare il rito antico, per recuperare la memoria e la ricchezza spirituale delle antiche preghiere liturgiche che hanno nutrito la vita spirituale di milioni di Santi per interi secoli. Non ci può essere frattura, ma continuità. Cerchiamo di evidenziare alcuni punti:IMPORTANZA DEL RITO, DELL’ARREDO E DELLA POSIZIONE DEL CORPO. Nel rito latino sia il celebrante che il popolo si rivolgono innanzitutto a Dio, e non all’assemblea, in ginocchio, in un gesto di profonda adorazione, dove tutti sono invitati a guardare al Tabernacolo e non al celebrante. Tanto meno danno le spalle a Cristo come accade in molte chiese dove le sedi dei celebranti sono poste addirittura sull’altare maggiore, davanti allo stesso Tabernacolo, come se le Specie Eucaristiche fossero uno dei tanti arredi della Chiesa e non lo stesso Cristo presente vivo e vero, davanti al quale è doveroso assumere un atteggiamento di profondo rispetto e adorazione (vedi Sacramentum Caritatis n. 69). Senza dire di quelle chiese dove sono stati sostituiti i banchi, solitamente di ottima fattura artigianale, con delle orribili sedie di plastica da cinema di periferia, costringendo i fedeli a non inginocchiarsi mai, e a comportarsi come se fossero a teatro, con battimani, interventi personali e animazioni varie. Ben vengano i giovani con le loro chitarre e canti gioiosi ma in qualunque altro momento e circostanza, magari prima e dopo la Messa.PREGHIERE DI RIPARAZIONE, SUPPLICA E RINGRAZIAMENTO. Le preghiere latine sono speciali, penetranti, intraducibili in altre lingue, ed hanno un particolare potere anche di esorcismo contro le insidie del diavolo, oggi così scatenato in questa società violenta e trasgressiva. I nostri vecchi, anche se non colti, le sapevano tutte a memoria, e ne penetravano anche il significato più profondo, perché il Signore elargisce ai semplici i Doni dello Spirito Santo, “la Scienza, la Sapienza, l’Intelletto… ecc.” che hanno il potere di illuminare la mente e far gioire il cuore nel comprendere la maestà e la bontà di Dio nostro Padre e nel discernere il bene dal male.RECUPERO DEL SENSO DEL MISTERO. In realtà la Santa Messa è Mistero, cioè mai si capirà pienamente come il pane diviene Corpo di Cristo, e il vino diviene il Suo Sangue, Sacrificio offerto sulla Croce per la nostra salvezza. “Nella liturgia della Chiesa, Cristo significa e realizza principalmente il proprio Mistero pasquale. Donando lo Spirito Santo agli Apostoli ha concesso loro e ai loro successori il potere di attuare l’opera della salvezza per mezzo del Sacrificio eucaristico e dei Sacramenti, nei quali egli stesso agisce per comunicare la sua grazia ai fedeli di tutti i tempi e in tutto il mondo”.(Compendio Cat. Ch. Catt. N. 222). Per questo bisogna anche accettare quel Mistero profondo che aleggia in tutta la celebrazione senza la pretesa di capire tutto, quel Mistero che si manifesta con gesti di supplica e con invocazioni a bassa voce da parte del celebrante, con momenti di silenzio per la preghiera personale e per l’ascolto di Dio che parla al cuore di ciascuno, cose impossibili da realizzare con canti e chitarre da boy-scouts!   Adesso si vuole a tutti i costi far passare la Messa come festa! Ci si deve sempre e comunque divertire, dicono, altrimenti nessuno va più a Messa, e invece è proprio questo intento che ha allontanato molti fedeli dalla Liturgia della Chiesa perché la gente si è sentita ingannata dagli stessi preti che hanno proposto una preghiera-show, una preghiera-spettacolo dove l’unico, vero protagonista non è più Gesù Cristo, ma l’assemblea, con le sue iniziative personali all’insegna della perenne novità.RECUPERO DEL SACRAMENTO E DELLA MAESTÀ DI DIO. Con l’attuale liturgia si sta gradualmente perdendo di vista anche il significato di “Sacramento” cioè l’Azione di Cristo che agisce in noi con la sua Grazia. Si cerca di dare più spazio alla “Parola”, che ci accomunerebbe ai Protestanti ai quali è rimasto, dei 7 Sacramenti, solo il Battesimo e la “Parola” cioè la Sacra Scrittura. Prova ne sia che nel rito antico ciò che primeggia in mezzo all’altare è il “Calice” per il vino, e la Patena (il piattino) per l’Ostia, con a sinistra il leggio e a destra le ampolline. Adesso al centro dell’altare troviamo spesso un grande leggio col Messale mentre il povero Calice lo si lascia, per tutto il tempo della celebrazione, in un angolo dell’altare, seminascosto, magari vicino al microfono o dietro ai fiori, come se fosse un elemento di disturbo e non uno degli elementi principali della Messa dove lo stesso Dio fatto Uomo nella Persona di Cristo si rende presente al momento della Consacrazione! Quel Dio Immenso, Creatore e Signore al quale è doveroso tributare Onore e Gloria anche attraverso segni esterni, quali paramenti preziosi, riti sontuosi e chiese meravigliose, non come quelle dell’ultimo secolo all’insegna della più assoluta povertà artistica e spirituale visibile anche nell’attuale Liturgia! Chi di noi ricorda l’intensa emozione che si provava nel vedere il Santo Padre apparire sulla maestosa sedia gestatoria, preceduto da file composte di Cardinali e Vescovi, piuttosto che intravederlo malamente in mezzo alla folla che lo schiaccia come uno fra i tanti? Il Papa è lo stesso Cristo in terra, diceva S. Caterina, e non un Prelato qualunque.Queste sono solo alcune considerazioni per non dilungarci troppo. Da parte nostra è importante non lasciar solo il Santo Padre in questo invito che, pur non essendo vincolante, tuttavia è assai importante e certamente decisivo delle sorti dell’Umanità nel prossimo Millennio. Che ognuno usi la propria fantasia per cercare di viverlo nella sua diocesi, iniziando magari da un piccolo gruppo. Solo recuperando il valore della Santa Messa nel suo vero significato di Sacramento e di Mistero, solo con la Croce di Cristo e col Rosario della Vergine Maria usciremo vittoriosi da una grossa calamità che sta ormai mostrando il suo terribile profilo sull’orizzonte del mondo. 

Nella messa in Coena Domini 0

Nella messa in Coena Domini

di Mons. Luigi Bommarito – Vescovo emerito di Catania La sera del Giovedì Santo celebriamo l’istituzione del Sacerdozio e della Eucaristia. Celebriamo la Cena del Signore. È la festa dell’amore fraterno che sostanzia di sé, la Santa Chiesa del Signore e la fa rivivere e camminare sulle vie impervie del mondo e della storia.L’Eucaristia è l’amore fraterno di Gesù che a noi, suoi fratelli per la stessa umanità e per la realtà della grazia, ha lasciato il dono supremo di sé stesso e della sua presenza d’amore, che si fa cibo e alimento d’amore, per edificare, ogni momento, la Chiesa come comunità, segno e sacramento d’amore per il mondo, come comunità missionaria, come comunità in cammino verso la casa del Padre.Si, è vero! L’Eucaristia fa dell’assemblea cristiana una comunità d’amore con cinque luci che ne caratterizzano l’originalità: il servizio, il dialogo, la povertà, la missionarietà, il pellegrinaggio.Prima caratteristica della Chiesa «comunità di amore», è e deve essere il «servizio». Come Gesù, che è il Maestro, ha lavato i piedi agli Apostoli, e ha dato se stesso, «mangiatemi», cosi il cristiano deve sentirsi a servizio di tutti. E chi ha la fede in Cristo deve sentirsi anche a servizio di chi non ha la fortuna della fede; e chi ha più fede e più amore, più deve mettersi a servizio; e chi è più in alto per autorità, deve sentirsi ancor più a servizio. È la «diakonia» di cui parla la S. Scrittura, e che praticamente è carità, generosità, capacità di sacrificio personale, distacco da se stessi, proiezione dialogica che getta ponti verso gli altri!Sboccia cosi la seconda caratteristica della Chiesa « comunità di amore »: è il «dialogo».Il dialogo è fatto di comprensione, di amicizia, di bontà, di paternità, di simpatia. Per mantenersi sempre forte spiritualmente il dialogo deve essere intriso di amore, di silenzio, di gentilezza; d’accordo che il dialogo non è cedimento, remissività, ammainamento della verità; è fortezza e decisione, ma sempre, sempre nell’amore.L’Eucaristia spinge a conoscere l’altro, l’ateo, il marxista, il fratello separato, il libertino, il non cattolico, il non cristiano.L’Eucaristia forma un cuore e uno spirito ecumenico. «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati».Ma ciò è possibile solo nella beatitudine della povertà di spirito.Nasce cosi la terza caratteristica della Chiesa «comunità d’amore»: è la «povertà» nel senso più vasto della parola: povertà significa distacco, lotta al borghesismo, rifiuto del lusso e della soddisfazione materiale; povertà significa amore all’innocenza, senso del proprio limite, libertà dalla tirannia e dalla schiavitù della moda e dei sensi; povertà significa umiltà, scelta dell’ultimo posto, sobrietà; povertà significa, soprattutto apertura e disponibilità alla grazia!Servizio, dialogo, povertà sono caratteristiche meravigliose ed essenziali, ma solo l’Eucaristia amata e gustata ci può dare la forza per realizzarle.Libera dai pesi terreni, povera per elezione intelligente, la comunità ecclesiale assume con naturalezza la quarta caratteristica, ma missionarietà, ossia trova il coraggio e la gioia di annunciare la Pasqua al mondo, la presenza di Cristo tra di noi, la consolazione dell’Eucaristia.Essendo alimento d’amore – dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei, diceva un filosofo moderno – l’Eucaristia spinge, proietta in una dinamica apostolica insonne, sulle vie di una missione che supera difficoltà e non conosce stanchezze.In forza dell’Eucaristia la comunità cristiana serve, dialoga, si sente povera, vive la missionarietà, e guarda in avanti, verso il futuro, sogna la patria.Nella comunione col pane eucaristico il cristiano assapora la caparra, l’anticipo, il seme di eternità che frutterà in pienezza nella casa del Padre. E sboccia cosi la quinta caratteristica della comunità ecclesiale: l’Eucaristia fa dell’assemblea cristiana una «comunità di attesa». Ogni santa Messa e ogni Comunione è un anticipo dell’incontro definitivo e risolutivo con Cristo nell’ora suprema e dolce della nostra morte. Ogni Comunione è una «preparazione alla morte» che per divino contrasto ci impegna ancor di più nella vita, intesa e vissuta solo come amore a Dio e al prossimo e come collaborazione sofferta e gioiosa per l’avvento del Regno.Aiutaci Vergine Immacolata Madre della Chiesa. Tu, che dando la natura umana al tuo e nostro Gesù gli hai offerto la possibilità di restare tra noi, come cibo che ci costruisce, come forma che ci modella, come forza che sostiene il nostro andare; aiutaci, o Madre, ad essere Chiesa con un’ambizione sola: servire; un solo metodo: dialogare; una via sola e sicura: la povertà; una passione sola e ardente: l’apostolato; una meta sola, sognata e conquistata ogni giorno con amore e lacrime: il Paradiso, nel cuore del Padre, al quale sia lode, onore e benedizione nei secoli eterni. Amen.

Maria Santissima e la Messa 0

Maria Santissima e la Messa

Domenico BertettoI. – MARIA PRESENTE AL CALVARIO E ALLA MESSA• 1. L’associazione di Maria all’opera del Figlio, si estende anche al sacrificio cruento del Calvario, di cui la S. Messa è il memoriale e l’attuazione perenne. La B. Vergine infatti «serbò fedelmente la sua unione col figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (Gv 19,25), soffrendo profondamente col suo unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui, amorosamente consenziente all’immolazione della Vittima divina da lei generata» (Concilio Vaticano II, LG 58).• 2. I fini salvifici dell’immolazione della Croce sono perennemente attuati (nell’immolazione eucaristica della S. Messa. E Maria, come già sul Calvario partecipa ora dalla sede gloriosa, in unione con Gesù Sacerdote e vittima all’attuazione dei fini salvifici della S. Messa; l’adorazione e il ringraziamento, la propiziazione per tutti i peccati, e l’impetrazione di tutte le grazie necessarie per la salvezza di tutti i redenti.• 3. Il Concilio Vaticano II insegna ancora che Maria «assunta in cielo non ha deposto questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci le grazie della salute eterna» (LG 62) Maria è quindi spiritualmente presente ad ogni S. Messa, e dal cielo si unisce all’adorazione, al ringraziamento, alla propiziazione ed all’impetrazione di Gesù Sacerdote, dei sacerdoti celebranti e di tutti i fedeli, che partecipano alla S. Messa, dando anche lei il suo apporto per l’efficacia salvifica del sacrificio eucaristico.• 4. Con ragione quindi il sacerdote la invoca, nella preparazione alla S.Messa, affinché come ha assistito al suo dolcissimo Figlio pendente in Croce, così assista al suo ministro e a tutti i sacerdoti che celebrano, perché possano offrire alla Divina Maestà la Vittima degna e gradita.Con ragione parimenti Maria SS.ma viene ricordata in ogni celebrazione eucaristica, quale madre del Sacerdote e della Vittima divina.II. – LA PAROLA DEL PAPAII 5 giugno 1983, il Papa nel discorso dell’Angelus ha detto: «Ave, veruni Corpus natum del Maria Virgine!». Ave, vero Corpo nato da Maria Vergine!Nella festa del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, il nostro «grazie» è salito riconoscente al Padre, che ci ha donato il Verbo divino, Pane vivo disceso dal cielo e si eleva con gioia alla Vergine, che ha offerto al Signore la Carne innocente e il Sangue prezioso che riceviamo all’Altare. Ave, verum Corpus: Corpo vero,veramente concepito per opera di Spirito Santo, portato in grembo con ineffabile amore (Pref. di Avvento, II), nato per noi da Maria Vergine: Natum de Maria Virgine.Quel Corpo e quel Sangue divino, che dopo la Consacrazione è presente sull’Altare, e viene offerto al Padre, e diventa comunione d’amore per tutti, rinsaldandoci nell’unità dello Spirito per fondare la Chiesa, conserva la sua originaria matrice da Maria. Li ha preparati lei quella Carne e quel Sangue, prima di offrirli al Verbo come dono di tutta la famiglia umana, perché Egli se ne rivestisse diventando nostro Redentore, sommo Sacerdote e Vittima.Alla radice dell’Eucaristia c’è dunque la vita verginale e materna di Maria, la sua traboccante esperienza di Dio, il suo cammino di fede e di amore, che fece, per opera dello Spirito Santo, della sua carne un tempio, del suo cuore un altare: poiché concepì non secondo natura, ma mediante la fede, con atto libero e cosciente: un atto di obbedienza. E se il Corpo che noi mangiamo e il Sangue che beviamo è il dono inestimabile del Signore risorto a noi viatori, esso porta ancora in sé, come Pane fragrante, il sapore e il profumo della Vergine Madre» (Maria, V, 197-198).III. – FIONDE PER LA MADONNAUna banda di giovanissimi delinquenti preoccupava la popolazione di una zona periferica di Bologna, e dava filo da torcere alla Questura. Con le fionde che maneggiavano, erano capaci di far saltare un lampione a venti metri. Quelli che potevano, giravano al largo per non aver noie e non correre rischi. La polizia teneva d’occhio il loro capo, un ragazzo audace e sprezzante che esercitava su tutti un’autorità indiscussa.Più di tutti era preoccupato un povero prete, direttore dell’oratorio salesiano, che in quella turba di ragazzi, più trascurati che cattivi, vedeva riflettersi le bande dei prati di Valdocco, ammansite dalla bontà di Don Bosco. Il sogno dei lupi trasformati in agnelli gli tornava dinanzi agli occhi, ogni volta che s’imbatteva nei giovani frombolieri da strapazzo.Attaccò la banda, come per un’ispirazione della Madonna, dal punto di vista più esplosivo, dal capo. Ci volle una pazienza eroica per farselo amico, ma alla fine ci riuscì. Sotto la scorza selvaggia di una mascalzone di periferia, il ragazzo nascondeva un’anima franca e generosa.Quella domenica pomeriggio don Vincenzo, il prete dell’oratorio, vide avanzare la banda dei tiratori: corse alla porta con un cordialissimo: «Avanti, ragazzi, siete a casa vostra», spalancò le porte. Mentre entravano, don Vincenzo squadrava quei ragazzi dai ciuffi ribelli e dai vestiti lacerati. Da molte tasche spuntavano le fionde famose. A qualcuno di quei monelli forse frullò per il capo che di vetri, nella casa del prete, ce n’era sufficiente per una bella frittata. Ma il capo non tollerava disordini.Quando tutti furono entrati, il comandante si presentò al Direttore e, a nome di tutti, parlò chiaro e deciso, come sempre:- Signor Direttore. Lei ci conosce bene… Ma noi siamo qui perché ci accetti all’oratorio.Da oggi vogliamo diventare dei ragazzi in gamba! Ne vuole la prova? Ci lasci entrare cinque minuti in cappella.Il prete non se lo fece dire due volte: e mentre i ragazzi si infilavano nella cappella per la porticina stretta, li raccomandava in cuor suo alla Madonna: nel sogno di Giovanni Bosco era stata lei a intervenire… E anche oggi quei piccoli lupi avevano bisogno del suo tocco materno.Dopo qualche minuto entrò anch’egli in chiesa, per vedere che cosa stava capitando.Gli venne incontro il capobanda, con un sorriso negli occhi scintillanti.«Signor Direttore, – disse con un filo di scherzo negli occhi – non vede nulla di nuovo all’altare della Madonna?»Il direttore guardò… Sulla mensa dell’altare, davanti alla sua statua, erano ammonticchiate una cinquantina di fionde… Il trofeo più espressivo offerto alla Madonna da mani di ragazzi.(Dalla rivista «Maria Ausiliatrice», Aprile 1983, pp. 7-8).

La transustanziazione 0

La transustanziazione

.di Padre Roberto Coggi Che cosa significa esattamente la parola “transustanziazione”?. Significa passaggio (trans) di sostanza (substantia).Nel pallone della figura cambia il colore ma rimane immutata la sostanza del pallone. Al contrario nell’Eucaristia il colore e tutte le apparenze esterne rimangono immutate ma cambia la sostanza. Che cos’è la sostanza?La sostanza è la realtà che esiste non in qualcos’altro, ma in se stessa. Per esempio un albero, un gatto, un uomo sono sostanze perché esistono in se stessi. Invece le loro dimensioni, il loro colore e le loro proprietà sono certamente delle realtà, ma non esistono in se stesse, bensì in qualcos’altro. Per es. il colore non è una sostanza, ma è qualcosa che esiste nella sostanza e appartiene alla sostanza. Gli studiosi (i filosofi) li chiamano accidenti, dal latino “accìdere”, che significa “capitare, accadere”. Gli accidenti cioè, si potrebbe dire, capitano alla sostanza. Ma siccome questa è una parola un po’ difficile, comunemente invece di accidenti si parla di specie, cioè di apparenze. Che cosa significa questo discorso applicato all’Eucaristia?Significa che nell’Eucaristia la sostanza del pane e del vino diventa il corpo e il sangue di Gesù , mentre rimangono immutati gli accidenti, cioè le specie o apparenze del pane e del vino. Quindi le dimensioni dell’ostia non cambiano, e non cambiano il colore, l’odore e il sapore, poiché tutte queste cose sono accidenti o specie. Cambia invece la sostanza. E lo stesso si dica del vino. Quando avviene questo cambiamento?Avviene quando il sacerdote pronuncia le parole della consacrazione. Quando il sacerdote ha finito di dire: “Questo è il mio Corpo”, il pane non c’è più, e al suo posto c’è il corpo del Signore, e quando ha finito di dire: “Questo è il mio Sangue”, il vino non c’è più, e al suo posto c’è il sangue del Signore.La transustanziazione prima della Consacrazione e dopo la Consacrazione Com’è possibile che avvenga questo cambiamento?È possibile per l’onnipotenza divina. Quando il sacerdote pronuncia le parole della consacrazione interviene Dio con la sua onnipotenza e compie il mutamento, cioè la transustanziazione. Ma se riflettiamo bene, la cosa non deve stupirci troppo: mutare una cosa in un’altra? Ma le specie, o apparenze, del pane e del vino,come fanno a esistere ancora se non c’è più la loro sostanza?Esistono miracolosamente, mantenute nell’esistenza dall’onnipotenza di Dio. Gesù lascia il cielo per venire a trovarsiSotto le specie del pane e del vino?No, Gesù non lascia il cielo, eppure viene a trovarsi realmente sotto le specie del pane e del vino. Com’è possibile ciò?È proprio la transustanziazione che rende possibile questo fatto straordinario. Infatti il pane e il vino diventano quel corpo e quel sangue che sono in cielo, diventano Gesù in persona, vivo e vero, che siede alla destra del Padre. Quindi non è Gesù che cambia, o lascia il cielo, ma sono il pane e il vino che in forza delle parole della consacrazione diventano quello stesso Gesù che è in cielo. Quindi nel tabernacolo è presente lo stesso Gesù che è in cielo?Proprio così: Gesù è presente nel Santissimo Sacramento come è presente in cielo, con la differenza però che nel Santissimo Sacramento è presente sotto le specie del pane e del vino, e quindi non è visibile con gli occhi. Non è meraviglioso pensare che nel tabernacoloC’è lo stesso Gesù che siede alla destra del Padre?È meraviglioso, e mostra tutto l’amore che Gesù ci porta, volendo rimanere realmente e fisicamente presente in mezzo a noi, così che lo possiamo sempre incontrare. Ma noi ci dimentichiamo troppo spesso di queste cose, e andiamo poco a trovare Gesù presente nel Santissimo Sacramento. Fino a quando Gesù rimane presente sotto le specie eucaristiche?Gesù rimane presente fino a che queste specie si conservano e mantengono le apparenze del pane e del vino. Per cui anche quando noi abbiamo ricevuto l’Ostia Santa, Gesù rimane presente in noi fino a quando le specie eucaristiche non vengono assimilate, e quindi distrutte, dal nostro organismo. Normalmente le specie eucaristiche durano per circa un quarto d’ora dopo la comunione. Dovremmo ricordarlo, e prolungare un poco il colloquio con Gesù, invece di scappare in fretta di chiesa dopo la comunione. Si racconta a questo proposito che S.Filippo Neri fece rincorrere uno che usciva subito di chiesa da due chierichetti con le candele accese…! Gesù è presente anche in un piccolissimo frammento di Ostia?Sì, Gesù e presente finché quel frammento, anche se è piccolo, conserva le apparenze del pane. A questo proposito, se noi abbiamo scelto di fare la comunione prendendola sulla mano (perché se uno vuole può prenderla anche direttamente in bocca), dobbiamo stare attenti a guardare bene che non rimanga sul palmo della mano qualche piccolo frammento. In questo caso bisogna portare alla bocca anche quello. Dovremmo aver molto più rispetto della Santissima Eucaristia! Quando di spezza l’Ostia si spezza anche il corpo di Gesù?No, si spezzano solo le specie eucaristiche. Spezzando l’Ostia non si spezza il corpo di Gesù, che rimane tutto intero in ogni parte Com’è possibile questo?È possibile perché Gesù è presente tutto in tutte le singole parti dell’Ostia consacrata. Per cui anche se viene separata una parte, essa contiene Gesù tutto intero. Secondo le parole della consacrazione, sotto le specie del pane dovrebbe essere presente solo il corpo, e sotto le specie del vino solo il sangue. È così?Qui bisogna stare attenti: è vero che le parole della consacrazione rendono direttamente presente il corpo sotto le specie del pane e il sangue sotto le specie del vino, però non bisogna dimenticare che in Gesù, che è vivo in cielo, il corpo e il sangue sono inseparabilmente uniti. Ora, nell’Eucaristia è presente Gesù vivo e vero, quindi sotto le specie del pane insieme con il corpo c’è anche necessariamente il sangue, e dove c’è il sangue c’è anche necessariamente il corpo. È Questa una presenza per così dire indiretta, che viene detta presenza “per concomitanza”, nel senso che una presenza “accompagna “ l’altra. La presenza del sangue accompagna la presenza del corpo, e la presenza del corpo accompagna del sangue. E sempre “per concomitanza” dove sono presenti il corpo e il sangue sono presenti il corpo e il sangue sono presenti anche l’anima e la divinità. Quindi dobbiamo dire che (sia sotto le specie del pane che sotto le specie del vino) è presente tutto Gesù, in corpo, sangue, anima e divinità.

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La Santa Messa

Il rito e i suoi contenuti di Padre Lino Pedron La celebrazione della Messa si divide in due parti: Liturgia della Parola e Liturgia Eucaristica. Tuttavia queste due parti sono intimamente connesse perché, in forma diversa, ci presentano un unico Cristo: è lui il contenuto ultimo delle Scritture e del segno sacramentale. Diceva Origene (+253): “È preparato a mangiare il Verbo del sacramento chi ha mangiato il Verbo della Scrittura”.Questo corpo centrale della Messa è preceduto da un prologo (riti iniziali) e concluso da un epilogo (riti conclusivi).Riti inizialiComprendono tutto ciò che si svolge dall’ingresso fino alla proclamazione della Parola. Hanno il carattere di esordio, di introduzione e di preparazione. Il loro scopo è quello di far sì che i fedeli, riuniti insieme, costituiscano una comunità, e si dispongano rettamente ad ascoltare la Parola di Dio e a celebrare degnamente l’Eucaristia. Concretamente essi si articolano così:a) Il popolo si raduna. Il fatto di radunarsi esprime e realizza il mistero della Chiesa, che è “un popolo radunato”, e rende presente Cristo in mezzo ai suoi riuniti nel suo nome (Mt 18,20). Tutto questo è una epifania della Chiesa.La celebrazione comincia già quando i fedeli escono di casa e si avviano verso la chiesa.
b) Accesso dei ministri all’altare. Canto di ingresso.c) Con il saluto iniziale il sacerdote apre il dialogo con l’assemblea e annuncia alla comunità radunata che il Signore è presente.d) Il celebrante invita tutti a compiere insieme l’atto penitenziale che si conclude con l’assoluzione del sacerdote (Dio onnipotente abbia misericordia di noi…).L’atto penitenziale sottolinea un’esigenza di fondo: per accostarsi al Dio tre volte Santo è necessaria la purificazione interiore del cuore per fare spazio alla grazia di Cristo.e) Segue il “Signore pietà” e nei giorni festivi il “Gloria”.f) Questi riti trovano il loro culmine e la loro conclusione con la preghiera chiamata colletta.
Essa ha lo scopo di raccogliere la preghiera interiore dei singoli in una formula comunitaria in cui viene espressa l’indole della celebrazione, il significato della festa o della circostanza che li ha riuniti in assemblea.Liturgia della parolaLa Chiesa è una comunità in ascolto. Il popolo di Dio è chiamato ad ascoltare Cristo: è lui infatti, presente, che parla al suo popolo quando nella chiesa si leggono le Scritture. Essa deve accoglierne le parole e rispondergli con la preghiera e il canto. Il dialogo viene poi sancito da un sacrificio: è il sangue di Cristo che sigilla la “nuova ed eterna alleanza”.Il dialogo si snoda nel modo seguente:a) Letture. È Dio che parla. L’iniziativa parte sempre da lui, perché da lui vengono la verità e la salvezza. Non è solo la lettura di un libro. È una parola viva, perché è Cristo glorioso, presente che parla. Essa è forza divina di salvezza. Ogni domenica ha tre letture: dal profeta, dall’apostolo, dal vangelo. Nel ciclo triennale di letture vengono presentate tutte le pagine centrali della Bibbia. Le acclamazioni del popolo “Gloria a te, o Signore” e “Lode a te, o Cristo” sono rivolte a Cristo realmente presente e parlante.b) Dopo le singole letture non è imposta, ma è raccomandata, una pausa di riflessione e di preghiera silenziosa.c) Canto o preghiera responsoriale. È la risposta comunitaria attinta normalmente dai salmi e dai cantici della Scrittura perché “solo Dio parla bene a Dio” (Pascal).d) L’omelia commenta la Parola, la adatta alla situazione degli ascoltatori, li aiuta ad accoglierla e ad “entrare” pienamente nella celebrazione.e) Il “Credo” è un sì gridato con gioia a Dio. Esprime l’adesione alla Parola ascoltata. Questa obbedienza alla Parola ascoltata è la migliore preparazione al sacrificio, la cui anima è un atto di suprema obbedienza al Padre.f) La preghiera universale o dei fedeli. Il suo carattere è appunto l’universalità. Deve contemperare le esigenze locali con quelle della Chiesa universale e di tutto il mondo secondo questo quadruplice schema: la santa Chiesa, coloro che ci governano, quelli che si trovano in necessità, tutti gli uomini. La formulazione di queste invocazioni si dovrà muovere tra questi tre poli:1) La tematica delle letture proclamate.2) La necessità della Chiesa e del mondo.3) Gli avvenimenti e le necessità della Chiesa locale.Liturgia eucaristicaPer comprendere bene questo rito è essenziale riferirsi alla Cena. Chi volesse vedere corrispondenze visibili tra i gesti della Messa e la tragedia del Golgota si metterebbe su una strada sbagliata. Il contenuto è il sacrificio di Gesù, ma la forma rituale è quella di un banchetto gioioso, allietato dalla presenza del Risorto.Ecco le principali componenti del rito:a) Preparazione dei doni. Prima di tutto si prepara l’altare collocandovi l’occorrente. Quindi si portano le offerte e si depongono sopra l’altare. È bene che siano recate dai fedeli in forma processionale, mentre si esegue un canto adatto. Questo serve ad esprimere la parte attiva che ognuno prende al sacrificio. Il pane e il vino sono il simbolo di tutto il creato. Presentiamo a Dio questi doni come per affermare il suo sovrano dominio su tutte le cose. E poiché essi sono “frutto del lavoro dell’uomo” sono anche offerta della nostra esistenza in un gesto d’amore.b) Preghiera eucaristica. È il centro della celebrazione ed è la chiave per afferrare la portata del rito.Eccone gli elementi:1- Il Prefazio. Un inno di ringraziamento e di lode esultante al Padre per tutta l’opera di salvezza che ha realizzato per noi.2- Il “Santo”, che è il grido di gioia e di riconoscenza, cantato o proclamato da tutti a conclusione dell’inno di ringraziamento.3- L’epìclesi (invocazione, preghiera) con cui si chiede al Padre di santificare i doni con l’effusione dello Spirito Santo trasformandoli nel corpo e sangue di Cristo e di santificare coloro che li riceveranno.4- Il racconto dei gesti compiuti e delle parole dette da Gesù nella Cena, quando istituì il sacramento della sua Pasqua e diede ai discepoli l’ordine di perpetuarlo.5- L’anàmnesi (ricordo, commemorazione) con cui la Chiesa celebra il memoriale della Pasqua di Cristo (passione, morte, resurrezione e ascensione) in attesa della sua venuta gloriosa.6- L’offerta con cui la Chiesa presenta Cristo al Padre e se stessa con lui per portare a perfezione i suoi figli nell’unione con Dio e tra di loro.7- Le intercessioni (ricordati…) per tutti i membri della Chiesa cattolica, per i defunti e per i presenti.8- La formula finale di glorificazione a Dio che il popolo conclude con un amen corale. Questo amen è la ratifica dell’intera assemblea a tutta la grande preghiera.L’asse dominante che attraversa tutta la preghiera e la sostiene è l’azione di grazie: la proclamazione, nel giubilo e nella fede, delle meraviglie di Dio. In fondo si dice a Dio: Tu che hai fatto tutto questo nella storia della salvezza, compilo nuovamente ora per mezzo di questi segni sacramentali. Tutto ciò che Dio ha compiuto in favore degli uomini in passato confluisce in questi segni sensibili ove si rende presente Cristo con tutte le ricchezze del suo regno.c) Riti di comunione:1- La preghiera del Signore, il Padre nostro. È sempre stata considerata la preghiera classica di preparazione alla comunione. In questo momento ci sentiamo tutti fratelli intorno alla mensa dell’unico Padre.2- L’abbraccio di pace. Significa l’unità dei cuori. Deve eliminare tutti gli spazi di indifferenza che separano i fedeli e trasformare la vicinanza fisica in un segno di unanimità spirituale.3- La frazione (o spezzamento) del pane. Riproduce il gesto di Cristo che nella Cena spezzò il pane e attraverso questo gesto fu riconosciuto dai discepoli di Emmaus (Lc 24,35).4- La comunione è la comune unione a Cristo. È questo il frutto ultimo dell’Eucaristia, ed è l’anima stessa della Chiesa. Ci vuole la Chiesa per fare l’Eucaristia, ma soprattutto ci vuole l’Eucaristia per fare la Chiesa.È desiderabile che le ostie a cui si comunica siano consacrate nella stessa Messa affinché la comunione appaia meglio come partecipazione al sacrificio che si sta celebrando. Il silenzio che ne segue è carico di tensione spirituale perché segna il momento personale di incontro con il Salvatore.5- Il rito della comunione termina con una preghiera del celebrante a nome di tutti. Esprime il grazie di tutti e chiede che il mistero celebrato produca i suoi frutti lievitando e trasfigurando la vita quotidiana.Riti conclusiviComprendono un saluto, una benedizione e il congedo dell’assemblea: “La Messa è finita; andate in pace”.Il che significa: Il rito è concluso, ma ora comincia la celebrazione nella vita. Andate per le strade del mondo e siate in mezzo a tutti i testimoni della morte e della resurrezione di Cristo con la parola, con l’azione e con la vita.Contenuti del ritoOgni rito, parola o gesto, deve essere capito, diversamente non serve ed è destinato a cadere. Ci sono alcuni punti particolarmente importanti che vogliamo ricordare.• La celebrazione della Messa costituisce il centro di tutta la vita cristiana sia per la Chiesa universale che per quella locale e per i singoli fedeli.• La Messa è il culmine sia dell’azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo, sia del culto che gli uomini rendono al Padre per mezzo di Cristo.• Tutte le azioni sacre e ogni attività della vita cristiana sono in stretta relazione con la Messa, da essa derivano e ad essa sono ordinate.• Nella Messa il popolo di Dio è chiamato a riunirsi insieme sotto la presidenza del sacerdote, che agisce in persona di Cristo. Per questa riunione, soprattutto, vale la promessa di Cristo: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20).* Cristo è realmente presente nell’assemblea dei fedeli riunita nel suo nome, nella persona del ministro, nella sua parola e in modo sostanziale e permanente sotto le specie eucaristiche.* Nell’ultima Cena Cristo istituì il sacrificio e convito pasquale per mezzo del quale è reso di continuo presente nella Chiesa il sacrificio della croce, allorché il sacerdote che rappresenta Cristo Signore compie ciò che il Signore stesso fece e affidò ai discepoli perché lo facessero in memoria di lui.
* La Messa è il memoriale della morte e della risurrezione del Signore: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima viene colmata di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura.* L’Eucaristia è anzitutto azione di Cristo, cioè intervento di Dio nella vita degli uomini. Cristo è il supremo atto divino; egli ricapitola in sé tutta la storia sacra e condensa in sé tutta la salvezza. Cristo è tutto l’agire di Dio.* Cristo è presente in ogni eucaristia. È una presenza dinamica che assume varie forme, tutte però reali, esprimenti l’unico Cristo. È lui che parla quando si leggono le Scritture, è lui che prega nel suo popolo, è “in sua persona” che il ministro agisce: dunque le Scritture, il popolo e il ministro diventano segni della sua presenza viva. Vertice della sua presenza il pane e il vino che diventano Cristo presente in forma sostanziale e permanente.* L’Eucaristia è anche azione della Chiesa ossia del popolo di Dio. La chiesa è “il Cristo diffuso e comunicato (Bossuet): è proprio nel suo agire che si rende presente l’azione di Cristo. Il soggetto della celebrazione non è la Chiesa astratta e lontana: è quella porzione concreta del popolo di Dio che è lì radunato per celebrare il memoriale del Signore. L’agire di tutti è uno strumento e un riflesso dell’azione di Cristo. Tutto il popolo quindi è soggetto della celebrazione: è il protagonista che si pone davanti a Dio come il popolo ebraico ai piedi del Sinai: perché il dialogo e l’alleanza avvengono tra Dio e il suo popolo.* L’assemblea concretamente fa quello che ha fatto Cristo quando ha celebrato la prima Eucaristia. Cristo ha fatto una cena, quindi l’Eucaristia è un rito conviviale. Egli prese il pane e il calice: è la preparazione dei doni; rese grazie: è la grande preghiera eucaristica; lo spezzò: è la frazione del pane; lo diede ai suoi discepoli: è la comunione. Non è esclusa neppure la liturgia della parola: nella cena Cristo ha parlato lungamente nel grande discorso sacerdotale che alla fine si traduce in preghiera al Padre. La cena eucaristica è straordinariamente densa di intimità, di fraternità e di letizia quali si hanno o si devono avere attorno a ogni desco familiare. Ma il suo contenuto trascende quello di ogni banchetto. Riproduce la cena, ma contiene la croce. Non si rende presente l’atto della morte e della risurrezione di Cristo, che sono avvenute una volta per sempre, ma il contenuto di salvezza di quell’evento.* * *Il rito per essere vero deve afferrare l’uomo reale presente alla celebrazione, diversamente non serve a nulla e a nessuno. La liturgia è fatta per gli uomini e non gli uomini per la liturgia. Il culto sale a Dio passando per il cuore dell’uomo: è lì l’altare della celebrazione, è lì che Dio trova la sua gloria. Tutto il passaggio dall’Antico al Nuovo Testamento è un passaggio dall’esterno all’interno.La partecipazione esteriore è solo segno di quella interiore. Ci vuole una partecipazione intima e personale che produca un frutto di grazia nel cuore dell’uomo. Il fine della liturgia è il bene spirituale dei fedeli; il modo è una ricerca fatta insieme da tutte le parti in causa. La creatività può essere la migliore e la peggiore delle cose: dipende dall’uso che se ne fa.L’apertura al futuro non è mai chiusura al passato: l’albero non cresce di più se si tagliano le radici. È la grande via dell’autenticità che risolve tutti i problemi. Ci vuole un cuore impregnato di Vangelo: allora la parola di Dio sulle labbra prende un sapore nuovo. Ci vogliono gesti che nascono dal cuore: allora diventano davvero espressivi del divino e sono in grado di contagiare.
La creatività più feconda è quella che nasce da un cuore in preghiera che si è preparato alla celebrazione liturgica. Questa creatività deve nascere unicamente dallo zelo pastorale che è amore per i fratelli.

La liturgia della Santa Messa 0

La liturgia della Santa Messa

.La LITURGIA è il complesso delle feste ecclesiastiche. Come c’è l’anno civile, che va dal primo gennaio al trentuno dicembre, così c’è l’anno liturgico o ecclesiastico, che comincia la prima domenica di Avvento e si chiude con l’ultima domenica di Pentecoste.L’anno liturgico è regolato dalla Pasqua, che è una festa mobile, cioè non ha una data fissa poiché dipende ogni anno dalla luna; il primo plenilunio di primavera segna la Pasqua, la quale si celebra la prossima domenica dopo il plenilunio. Durante l’anno liturgico sfilano dinanzi a noi, secondo un ordine cronologico, gli avvenimenti principali della vita di Gesù e contemporaneamente ogni giorno si ricorda un Santo.L’ALTARELa S. Messa si celebra sull’altare, che deve essere elevato, perché rappresenta il Calvario e perché rende più visibile il Celebrante.La parte principale dell’Altare è la larga tavola di marmo, detta MENSA, sulla quale si compiono i Sacri Misteri. In genere, al centro di essa sta la Pietra Sepolcrale, che contiene le reliquie dei Martiri e ciò affinché Gesù, che è il Martire per eccellenza, mentre s’immola sia onorato dalla presenza delle reliquie dei suoi Martiri.Affinché si possa celebrare, la mensa dell’Altare deve essere ricoperta dalla “tovaglia“; inoltre devono esserci le candele: la candela accesa, che dà luce e calore, è il simbolo della Fede, che illumina la mente e riscalda il cuore.
Quando si entra in Chiesa, la prima visita e la prima preghiera devono farsi a Gesù Sacramentato. Passando davanti al suo Tabernacolo, è prescritta la genuflessione con un ginocchio; se il Tabernacolo è aperto, la genuflessione si fa con ambedue le ginocchia, chinando contemporaneamente il capo e recitando mentalmente qualche giaculatoria (ad esempio: Gesù, Ti adoro!). La genuflessione deve essere fatta bene in segno di rispetto e non deve essere uno scomposto movimento.
Non passare vicino al Tabernacolo senza fare una genuflessione davanti al Signore, con la quale Lo adori pubblicamente. Chinare con reverenza la testa è solo un segno di venerazione e corrisponde alle immagini, ma non a Dio.
Sopra ogni Altare sta il Crocifisso affinché ci si ricordi in ogni momento della Celebrazione della Passione e del Sacrificio di Gesù.IL COLORE DEI PARAMENTINelle funzioni liturgiche e particolarmente nella S. Messa, la liturgia prescrive che i Sacri Paramenti abbiano il colore intonato alla festa del giorno:·            bianco: simbolo di gioia e di purezza, è usato nelle feste del Signore, della Madonna, dei Santi non martiri.·            rosso: simbolo dell’amore e del sangue, è riservato alle Messe dello Spirito Santo e dei Martiri.·            viola: simbolo della penitenza, rispecchia lo spirito del tempo di Avvento e di Quaresima.·            verde: usato nelle domeniche dopo l’Epifania e dopo la Pentecoste, esprime la speranza che sostiene il nostro viaggio terreno verso la Patria Celeste.Quanto sopra non è fatto per decorazione estetica, ma per meglio concentrarsi sul momento che si sta celebrando.ENTRA IL SACERDOTEIl tocco della campana interna del Tempio annunzia l’ingresso del Sacerdote.I fedeli devono allora interrompere tutte le devozioni che stanno praticando (rosario, preghiere varie,…) e concentrare tutta l’attenzione alla Messa che, celebrando il Sacrificio di Gesù, è più importante di qualsiasi altra preghiera.
Così come il Sacerdote mette le sue intenzioni prima di celebrare, così è bene che i fedeli mettano le loro intenzioni e le presentino mentalmente al Signore (per un parente ammalato, per un amico in difficoltà, per la pace nel mondo,…)INTROITO
Introito vuol dire ingresso. Il Celebrante, prima di dare inizio al Sacri Misteri, si umilia dinanzi a Dio col popolo, facendo la sua confessione; recita perciò: “Confesso a Dio Onnipotente …..” insieme a tutti i fedeli.ATTI D’UMILTA’Poiché la preghiera dell’umile va dritta al Trono di Dio, il Celebrante, a nome proprio e di tutti i fedeli dice: “Signore, pietà! Cristo pietà! Signore pietà!”ORAZIONE
Nei giorni festivi il Sacerdote e i fedeli innalzano un inno di lode e di acclamazione alla Santissima Trinità, recitando “Gloria a Dio nell’alto dei Cieli..”.Subito dopo, il Celebrante recita la preghiera del giorno, con la quale chiede a Dio la grazia corrispondente al Mistero che si celebra.LETTUREL’istruzione è necessaria per conoscere la volontà di Dio e metterla in pratica, pertanto il Sacerdote o dei laici offertisi a ciò leggono ad alta voce le Letture, che nei giorni festivi sono due, intervallate dal Salmo Responsoriale, e tratte una dall’Antico Testamento e l’altra dal Nuovo Testamento, a sottolineare che Gesù è venuto non ad annullare le leggi dell’Antico Testamento, ma ad ampliarle. Finite le Letture, poiché il ricevere un’istruzione è grazia divina, i fedeli ringraziano il Signore dicendo” Rendiamo grazie a Dio”.VANGELOL’istruzione principale si riceve per mezzo del Vangelo.Al principio della lettura del Vangelo bisogna mettersi in piedi, in ossequio alla Parola di Dio e per significare la prontezza con cui si deve essere disposti ad eseguire gli ordini del Signore.Contemporaneamente al Celebrante, i fedeli facciano tre piccoli segni di Croce: sulla fronte, sulle labbra e sul cuore. Il significato è questo: la Parola di Dio sia nella nostra mente, sia la nostra parola, sia scrittura nei nostri cuori.Finita la lettura del Vangelo, si dà gloria a Gesù dicendo “Lode a Te, o Cristo!”. Nei giorni festivi e quando le circostanze lo permettano, finita la lettura del Vangelo, il Sacerdote fa la predica o Omelia. E’ dovere di tutti ascoltare attentamente la predica e gli eventuali avvisi che il Sacerdote dà; bisogna quindi non effettuare preghiere private. Ciò che si apprende nell’Omelia illumina e fortifica lo spirito; potrà e dovrà servire per fare apostolato in casa, nei posti di lavoro, riportando i punti più importanti alle anime bisognose.Finita l’Omelia, si fissi in mente un pensiero spirituale o un proposito che serva per il giorno o per la settimana. Se non si ricava alcun profitto da un’omelia, si è solo perso tempo nell’ascoltarla.CREDOI fedeli, già istruiti dalle Letture e dal Vangelo, fanno la professione di fede, recitando il Credo insieme al Celebrante.Il Credo, o Simbolo Apostolico, è il complesso delle principali verità rivelate da Dio ed insegnate dagli Apostoli. Mentre se ne fa la recita, si sta in piedi, volendo così esprimere la propria convinzione a credere e la disposizione a professare la fede senza alcuna remora.OFFERTORIOIl Celebrante prende il Calice e lo pone al lato destro. Prende la patena con l’Ostia, la solleva e la offre a Dio. Dopo infonde nel Calice un po’ di vino ed alcune gocce d’acqua. L’unione del vino e dell’acqua rappresenta l’unione nostra con la vita di Gesù, il quale ha assunto la forma umana.Il Sacerdote, sollevando il Calice, offre a Dio il vino, che dovrà essere consacrato.Procedendo nella celebrazione ed avvicinandosi il momento sublime del Divino Sacrificio, la Chiesa vuole che il Celebrante si purifichi sempre di più, pertanto prescrive che lavi le mani.Il Santo Sacrificio è offerto dal Sacerdote in unione con tutti i fedeli, i quali vi prendono parte attiva con la presenza, la preghiera e le risposte liturgiche. Per questa ragione, il Celebrante si rivolge ai fedeli dicendo “Pregate, fratelli, perché il mio e il vostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre Onnipotente”. I fedeli rispondono: “Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio, a lode e gloria del Suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa”.OFFERTA PRIVATACome si è visto, l’Offertorio è uno dei momenti più importanti della Messa, per cui in tale momento ogni fedele può fare il proprio Offertorio personale, offrendo a Dio quanto crede possa piacerGli. Ad esempio: “Ti offro, Signore, i miei peccati, quelli della mia famiglia e del mondo intero. Te li offro affinché Tu li distrugga con il Sangue del Tuo Figlio Divino. Ti offro la mia debole volontà per rafforzarla nel bene. Ti offro tutte le anime, anche quelle che sono sotto la schiavitù di satana. Tu, o Signore, salvale tutte”.PREFAZIOIl Celebrante recita il Prefazio, che significa Lode solenne e poiché esso introduce alla parte centrale del Sacrificio Divino, conviene intensificare il raccoglimento, unendosi ai Cori degli Angeli presenti attorno all’Altare.CANONEIl Canone è un complesso di orazioni che il Sacerdote recita fino alla Comunione. Si chiama così perché tali preghiere sono tassative ed invariabili ad ogni Messa.CONSACRAZIONEIl Celebrante ricorda quanto Gesù fece nell’Ultima Cena prima di consacrare. In questo momento l’Altare è un altro Cenacolo ove Gesù, per mezzo del Sacerdote, pronunzia le parole della Consacrazione ed opera il prodigio di cambiare il pane nel Suo Corpo ed il vino nel Suo Sangue.Fatta la Consacrazione, il miracolo eucaristico è avvenuto: l’Ostia, per virtù divina, è divenuta il Corpo di Gesù con il Sangue, l’Anima e la Divinità. E’ questo il “Mistero della Fede”.Sull’Altare c’è il Paradiso, perché c’è Gesù con la Sua Corte Angelica e Maria, Sua e nostra Madre.Il Sacerdote si inginocchia ed adora Gesù Sacramentato, poi solleva la Santa Ostia affinché i fedeli possano vederla e adorarla. Non si tralasci quindi di mirare l’Ostia Divina e si dica mentalmente “Signore mio e Dio mio”.Il Celebrante, proseguendo, consacra il vino.Il vino del Calice ha cambiato natura ed è diventato il Sangue di Gesù Cristo.Il Celebrante l’adora, poi solleva il Calice per fare adorare ai fedeli il Divino Sangue. Si consiglia a tal fine di recitare la seguente preghiera mentre si guarda il Calice: “Eterno Padre, io Vi offro il Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo in sconto dei miei peccati, in suffragio delle anime sante del Purgatorio e per i bisogni della Santa Chiesa”.PADRE NOSTROIl Celebrante prende la patena con l’Ostia e il Calice ed, elevandoli insieme dice: “Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a Te, Dio Padre Onnipotente, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli”. I presenti rispondono “Amen”.Questa breve preghiera dà alla Divina Maestà una gloria senza limiti, perché il Sacerdote, a nome dell’umanità, onora Dio Padre per mezzo di Gesù, con Gesù e in Gesù.A questo punto il Celebrante recita il Padre Nostro.Gesù disse agli Apostoli “Quando entrate in un’abitazione dite: La pace sia a questa casa e a quanti la abitano”. Pertanto il Celebrante chiede la Pace per tutta la Chiesa. Segue l’invocazione “Agnello di Dio …”COMUNIONEChi vuole ricevere la Comunione, si disponga devotamente. Sarebbe bene che tutti facessero la Comunione; ma poiché non tutti sono in grado di riceverla, coloro che non possono farla facciano la Comunione Spirituale, la quale consiste nel vivo desiderio di ricevere Gesù.Per la Comunione Spirituale potrebbe servire la seguente invocazione: “Gesù mio, vorrei riceverti sacramentalmente. Non essendomi ciò possibile, vieni nel mio cuore in spirito, purifica l’anima mia, santificala e dammi grazia di amarTi sempre di più”. Detto ciò, si stia raccolti a pregare come se realmente ci si fosse comunicati.La Comunione Spirituale può farsi molte volte al giorno, anche stando fuori dalla Chiesa.Si ricorda inoltre che bisogna andare all’Altare in modo ordinato e a tempo debito.Troppo spesso si osservano fedeli che si muovono dai banchi verso l’Altare in tutta fretta, come se dovessero prendere i primi posti ad uno spettacolo. Questo costituisce una grave mancanza di rispetto, innanzitutto verso Gesù Sacramentato ed in secondo tempo verso gli altri fedeli, turbando il loro raccoglimento con brusii e rumore di tacchi.Presentandoti a Gesù, bada che il tuo corpo sia modesto nello sguardo e nell’abbigliamento, e, se proprio vuoi prendere l’Ostia Divina nelle mani, accertati prima che siano pulite e nella giusta posizione, con il palmo della mano sinistra sopra il palmo della mano destra, così da prendere con quest’ultima la Particola e portarla alla bocca. Devi fare ciò per rispetto a Gesù e per dare il buon esempio.Ricevuta la Particola, ritorna al tuo posto ordinatamente e sappi fare bene il tuo ringraziamento!Raccogliti in preghiera ed allontana dalla mente ogni pensiero disturbatore. E’ satana a portare le distrazioni per non farti utilizzare appieno questo tempo prezioso.Ravviva la tua fede, pensando che l’Ostia ricevuta è Gesù, vivo e vero e che Egli è a tua disposizione per perdonarti, per benedirti e per darti i Suoi tesori.Chi ti avvicina durante il giorno, si accorga che tu hai fatto al Comunione, e lo dimostrerai se sarai dolce e paziente.CONCLUSIONEFinito il Sacrificio, il Sacerdote congeda i fedeli, invitandoli a ringraziare Dio ed impartisce la Benedizione: la si riceva con devozione, segnandosi con la Croce.Dopo di ciò il Sacerdote dice: “La Messa è finita, andate in pace”. Si risponde: “Rendiamo grazie a Dio”.
Questo non vuol dire che abbiamo esaurito il nostro dovere di cristiani partecipando alla Messa, bensì che la nostra missione comincia adesso, col diffondere tra i nostri fratelli la Parola di Dio.La Messa è sostanzialmente lo stesso sacrificio della Croce; è diverso soltanto il modo dell’offerta.Ha gli stessi fini e produce gli stessi effetti del sacrificio della Croce e quindi ne realizza in modo proprio le finalità:·            adorazione·            ringraziamento·            riparazione·            petizioneAdorazioneIl sacrificio della Messa rende a Dio un’adorazione degna di Lui. Con la Messa possiamo dare a Dio tutto l’onore che gli è dovuto in riconoscimento della sua infinita maestà e del suo supremo dominio, nella maniera più perfetta possibile e in grado rigorosamente infinito. Una sola Messa glorifica Dio più di quanto lo glorificano in cielo per tutta l’eternità, tutti gli angeli e i santi.Dio risponde a questa incomparabile glorificazione curvandosi amorevolmente verso tutte le sue creature. Di qui l’immenso valore di santificazione che racchiude per noi il santo sacrificio della Messa; tutti i cristiani dovrebbero convincersi che è mille volte preferibile unirsi a questo sublime sacrificio anziché compiere abituali pratiche di devozione.RingraziamentoGli immensi benefici di ordine naturale e soprannaturale che abbiamo ricevuto da Dio ci hanno fatto contrarre verso di Lui un debito infinito di gratitudine che possiamo saldare soltanto con la Messa. Infatti per mezzo di essa offriamo al Padre un sacrificio eucaristico, cioè di ringraziamento, che supera infinitamente il nostro debito; perché è Cristo stesso che, immolandosi per noi, ringrazia Dio dei benefici che ci concede. A sua volta il ringraziamento è fonte di nuove grazie perché al Benefattore piace la gratitudine. Questo effetto eucaristico è sempre prodotto infallibilmente indipendentemente dalle nostre disposizioni.RiparazioneDopo l’adorazione e il ringraziamento non c’è dovere più urgente verso il Creatore che la riparazione delle offese che da noi ha ricevuto. Anche sotto questo aspetto il valore della Santa Messa è assolutamente incomparabile, giacché con essa offriamo al Padre l’infinita riparazione di Cristo con tutta la sua efficacia redentrice.Questo effetto non ci è applicato in tutta la sua pienezza, ma ci viene applicato in grado limitato secondo le nostre disposizioni; tuttavia:a.        ci ottiene, se non incontra ostacoli, la grazia attuale necessaria per il pentimento dei nostri peccati. Per ottenere da Dio la conversione di un peccatore non vi è nulla di più efficace dell’offerta del santo sacrificio della Messa e della preghiera fatta al Signore durante la sua celebrazione, affinché tolga dal cuore del peccatore stesso quanto si oppone alla grazia del pentimento;b.       Rimette sempre infallibilmente se non incontra ostacoli, almeno parte della pena temporale che si deve pagare per i peccati in questo mondo o nell’altro. La Messa è quindi utile anche alle anime del Purgatorio. Il grado e la misura di questa remissione dipende dalle nostre disposizioni; nessun suffragio è tanto utile alle anime del Purgatorio quanto l’applicazione della Messa.PetizioneLa nostra indigenza è immensa: noi abbiamo continuamente bisogno di luce, di forza e di consolazione. Troveremo questi soccorsi nella Messa. Essa, di per sé, muove infallibilmente Dio a concedere agli uomini tutte le grazie di cui hanno bisogno, ma il dono effettivo di queste grazie dipende dalle nostre disposizioni.La nostra orazione, inserita nella Santa Messa, non solo entra nel fiume immenso delle orazioni liturgiche, il che le conferisce già una dignità ed efficacia speciale, ma si confonde con l’orazione infinita Cristo che il Padre esaudisce sempre.Non c’è novena o triduo che si possa paragonare all’efficacia impetratoria di una sola Messa.Tali, a grandi linee, le infinite ricchezze racchiuse nella Santa Messa. Per questo i santi, illuminati da Dio, ne avevano una grandissima stima. Facevano del sacrificio dell’altare il centro della loro vita, la fonte della loro spiritualità.Però, per ottenere il massimo frutto, occorre insistere sulle disposizioni da parte di coloro che partecipano alla Messa.
Le principali disposizioni sono di due specie: esterne ed interne.·            Esterne: il fedele parteciperà alla santa Messa in silenzio, con rispetto e attenzione.·            Interne: la disposizione migliore di tutte è quella di identificarsi con Gesù Cristo che si immola sull’altare, offrendolo al Padre e offrendosi con Lui, in Lui e per Lui. Chiediamogli che converta anche noi in pane per essere così a completa disposizione dei nostri fratelli mediante la carità. Uniamoci intimamente con Maria ai piedi della Croce, con San Giovanni il discepolo prediletto, col sacerdote celebrante, nuovo Cristo in terra. Uniamoci a tutte le Messe che si celebrano nel mondo intero.La Santa Messa partecipata con queste disposizioni è indubbiamente tra i principali strumenti di santificazione.

La messa sacrificio perpetuo 0

La messa sacrificio perpetuo

Il Signore ci ha lasciato un memoriale delle Sue meraviglie.Ogni uomo aspira a lasciare quaggiù un’opera del suo genio, una sua scoperta, o almeno un ricordo del suo amore.Gesù Cristo ha voluto avere il Suo trofeo in mezzo agli uomini. Ha voluto sceglierlo Lui stesso, eseguirlo personalmente. Nessuno in realtà, né in Cielo né sulla terra, saprebbe elevare a Gesù Cristo un monumento degno di Lui.Ma un monumento rappresenta d’ordinario qualche azione insigne con la quale si celebra l’eroe che lo ricorda; si celebra un beneficio speciale accordato da lui ai suoi contemporanei.Che rappresenterà dunque il monumento di Gesù Cristo?Certo tutte le Sue azioni sono sublimi; la minima tra esse è degna dei nostri più grandi omaggi.O meraviglia mirabile dell’amore! Il monumento che rappresenta tra noi Gesù Cristo non può essere altro che il memoriale stesso della Sua morte.Gesù Cristo rinnovando per noi, nella Santa Messa, l’atto di amore per il quale ha offerto la Sua Vita per la nostra redenzione realizza il grande memoriale che ci ha lasciato.In che modo l’Eucaristia ricorda la morte di Gesù Cristo, e come diviene il memoriale perpetuo del grande sacrificio compiuto sul Calvario?Prima di tutto perché è il testamento d’amore, l’alleanza che Egli ha sigillato con noi nella Sua morte; e in secondo luogo perché essa rappresenta e continua questa morte.1) L’Eucaristia è il testamento di Gesù Cristo. Nel momento di morire per noi, Egli ci dà l’Eucaristia; è la garanzia che ci lascia del Suo amore e che comanda ai suoi Sacerdoti di rinnovare dopo di Lui:« Fate questo in memoria di me». L’Eucaristia dunque è il Suo testamento. Ora S. Paolo fa rilevare: « Là ove esiste il testamento è necessario che il testatore muoia, perché gli eredi possano dell’eredità».Ma un testamento lega qualche cosa di positivo, qualche cosa di reale. Gli uomini lasciano i loro beni, danno dei ricordi d’amicizia, delle fotografie; ma queste non saranno, non resteranno che delle cose senza vita. Purtroppo essi non possono lasciare se stessi. Ah, se un padre una madre potessero sopravvivere, potessero continuare a vivere presso i loro figli… Ma no, l’uomo non può disporre di se stesso. È solo Gesù Cristo che fa questo prodigio. Nella potenza del suo amore, Egli vuol lasciarci più che la Sua fotografia vivente, Egli ci dà Se stesso in persona. Non avrà timore di sconvolgere il cielo e la terra, e tutte le leggi della natura e della Grazia. per divenire il legato del suo testamento, Egli fissa la Sua presenza tra noi, sotto forma estranea. Diventa il bene dell’uomo, la sua proprietà, il suo pane vivente, la sua bevanda celeste.Ecco che cosa è l’Eucaristia: il testamento d’amore di Gesù Cristo. E di questo testamento io gioisco. È la morte che me ne ha dato il possesso, è l’eredità di mio Padre, il frutto della sua vita, il prezzo della sua morte. Quando io vedrò la Santa Ostia, io dirò: Ecco il testamento del mio Dio, e benedirò il testatore divino, amerò il mio Benefattore ed onorerò il Suo nome: «Fate questo in memoria di me». 2) L’Eucaristia rappresenta la morte di Gesù Cristo. In Cielo San Giovanni vedeva l’Agnello immolato, sempre ritto innanzi al trono dell’Altissimo: Agnum statem tanquam occisum.Vi è qualche cosa di simile sull’altare:Nostro Signore risorto e glorioso, non può più essere soggetto a sofferenze o alla morte, ma Egli si è messo nell’Eucaristia, in uno stato di morte.Ah! Se nella consacrazione, si potesse vedere Gesù presente sotto le Sante Specie, voi lo vedreste come era sulla Croce, nello stato di vittima. Il Santo Concilio di Trento, si esprime così: «Lo stesso Gesù Cristo che s’immolò in maniera cruenta sulla Croce, è contenuto ed immolato in una maniera non cruenta nel Divin Sacrificio che si compie sull’altare».Infatti la Santa Eucaristia non è contornata dalle insegne della morte? Essa riposa sul corporale che è come un nuovo sudario; le candele brillano come presso un morto; l’altare stesso ha molto spesso la forma di un sepolcro, e sempre rinchiude ossa dei martiri; il silenzio, l’immobilità regnano come intorno ad un monumento funebre.3) La Santa Messa continua e consuma il sacrifico di G. C.. nulla manca per la morte reale della Vittima Divina; il sacrificatore da una parte, e, dall’altra, la volontà d’offrirsi. Ma essa non può morire più; il disfacimento della morte non ha alcuna presa sul corpo resuscitato e immortale di Gesù; Egli si è messo in uno stato di morte attualmente.Le parole sacramentali, per se stesse , avrebbero la potenza di dare la morte a Gesù Cristo, perché la Messa è sacrificio, e l’essenza del sacrificio è d’immolare la vittima offerta.Nella Comunione, questa Vittima è consumata; Gesù perde nel fedele che la riceve, la Sua vita sacramentale: diventa tomba di resurrezione per l’anima del giusto, tomba di morte eterna per l’anima colpevole. Nel comunicando ben disposto, Gesù Cristo resuscita; Egli fa vivere e crescere la sua anima nella vita spirituale fino a «lostato dell’uomo adulto, all’altezza della statura perfetta del Cristo». Il cristiano diventa così, come lo chiama S. Ignazio Martire, un portatore di Cristo, Cristophorus, o addirittura un altro Gesù Cristo: Christianus alter Christus, perché è Gesù Cristo che vive in lui, secondo le parole dell’Apostolo: «Adimpleo ea, quae desunt passionum Christi, in carne mea pro corpore ejus, quod est Ecclesia – io completo ciò che manca alle sofferenze del Cristo, nella mia propria carne, per il suo corpo che è la Chiesa».Mettiamo a morte il peccato che vive in noi; moriamo al mondo e alle sue vanità. Uniamoci alla vita interiore di Gesù; diveniamo in qualche modo, l’Eucaristia, la manifestazione della vita di Gesù Cristo, e così saremo partecipi un giorno della sua gloria. Riassumendo: l’Eucaristia è il testamento di Gesù Cristo, non dimentichiamo il nostro Benefattore; – Essa rappresenta la passione di Gesù Cristo, ricordiamoci del prezzo della nostra Redenzione; – è il sacrificio di Gesù Cristo perpetuo e rinnovato attraverso i secoli, continuiamo in noi le virtù che Gesù ha praticato nella Sua passione, e moriamo misticamente con lui:«Mortui estis, et vita vostra abscondita est cum Cristo in Deo: voi siete morti e la vostra vita è nascosta con il Cristo in Dio».Nota – È utile trarre la conclusione pratica e morale che risulta da ogni parte del soggetto; senza questa conclusione si rischierebbe di restare senza frutti.Perciò:1) L’Eucaristia è un testamento, e deve suscitare amore per il testatore, come avviene in ogni famiglia verso colui che lascia un’eredità.2) Rappresentando la morte, l’Eucaristia ci ricorda l’amore che l’ha ispirata, il prezzo della nostra salute;è una continua lezione di morte al mondo e al peccato. 3) Il sacrificio di Gesù Cristo, continuo e rinnovato nella Messa, fa realizzare l’adimpleo di San Paolo, la comunione di vita con Gesù Cristo capo e noi sue membra; se soffriamo è Gesù che dà un prezzo alle nostre sofferenze; se siamo vittime, è Gesù che ci offre la Grazia: sempre mortificationem Jesu in corpore nostro circumperentes.. ut et vita Jesu manifestetur in corporibus nostri; portiamo sempre in noi, nel nostro corpo, la morte di Gesù, affinché la vita di Gesù possa essere manifesta nel nostro corpo. Perché noi che viviamo, siamo sempre soggetti alla morte per Gesù, affinché la vita di Gesù possa essere manifesta anche nella nostra carne mortale: «Sempre enim nos qui vivimus in mortem tradimur propter Jesum: ut et vita Jesu manifestetur in carne nostra mortali».

La messa di guarigione 0

La messa di guarigione

Arrigo Muscio La pubblicazione dell’Istruzione circa le preghiere per ottenere da Dio la guarigione a cura della Congregazione per la dottrina della fede, parzialmente riportata ed interpretata da numerosi mass media, ha provocato una notevole confusione tra quanti non l’hanno letta con attenzione.Di conseguenza ritengo opportuno offrire qualche chiarimento al riguardo.Molti ignorano, soprattutto in questo secolo intriso di aperta ribellione non solo ai comandamenti di Dio ma anche all’idea dell’esistenza del Creatore che, come insegna il sacerdote cattolico carismatico Padre Dario Betancourt”…Tutta la Messa e tutte le Messe sono, senza eccezione, di guarigione. Pertanto, non è esatto ridurre la guarigione ad alcune celebrazioni chiamate Messe di guarigione. Tutte le Eucaristie sono di guarigione…”.“….Potremmo dire che durante tutta la Santa Messa si chiede a Dio la guarigione dell’anima e del corpo. Le cinque parti della celebrazione eucaristica sono:Ø Rito d’ingresso (guarigione dal peccato e liberazione)Ø Liturgia della Parola (guarigione dall’ignoranza, dalle tenebre e guarigione interiore)Ø Liturgia Eucaristica (guarigione dalla vergogna di lodare e dall’egoismo)Ø Rito della comunione (guarigione fisica)Ø Rito di conclusione….”.Ovviamente rimando quanti interessati alla lettura integrale della dissertazione citata per meglio comprendere l’importanza di tutte le Messe come messe di guarigione.Non dobbiamo dimenticare che la Celebrazione Eucaristica contiene la preghiera del Sacerdote per conto di tutti i fedeli “La comunione con il tuo Corpo e il tuo Sangue, Signore Gesù Cristo, non diventi per me giudizio di condanna, ma per la tua misericordia sia rimedio e difesa dell’anima e del corpo” e il Padre Nostro (recitato da tutti i fedeli) che, insegnato direttamente da Gesù, è la preghiera di guarigione e di liberazione più efficace, al punto che lo stesso demonio l’ha confermato in un recente caso di ESORCISMO. È quindi importante che i fedeli invochino mentalmente il Signore, nel momento dell’elevazione dell’EUCARESTIA e del Calice durante la consacrazione, supplicandolo di guarirli nell’anima e nel corpo.Il fatto quindi che siano state proibite le preghiere non liturgiche durante la Messa è un falso problema che non tocca minimamente quanti credono nel valore della Messa anche come preghiera di guarigione e di liberazione. È solo necessario che i fedeli vengano educati (a tal proposito i sacerdoti dovrebbero predicare meno sociologia e più teologia) a considerare tutte le celebrazioni Eucaristiche come fonti primarie di guarigione e di liberazione affinchè adottino, di conseguenza, l’atteggiamento di Fede: “Sia fatto secondo la vostra Fede…” (Mt. 9,29) indispensabile per ottenere le Grazie dal Signore; atteggiamento che invece utilizzano normalmente durante le “Messe di guarigione”.Mons. Milingo (che è stato ingiustamente additato dai mass media come il principale destinatario del documento del Magistero) si è subito, diversamente da quanto fatto intendere da alcuni giornali, uniformato alla direttiva della Congregazione per la dottrina della fede e sabato 24 novembre 2000, durante la Messa celebrata in un paese vicino a Brescia, ha tralasciato le preghiere da lui utilizzate di solito in tale circostanza ed ha invitato i presenti a supplicare mentalmente il Signore, durante la Consacrazione, per ottenere le grazie desiderate. Durante tale rito si sono uditi i lamenti dei posseduti che hanno involontariamente testimoniato l’efficacia dell’invocazione!Il documento del Magistero proibisce quindi solo la mescolanza tra le preghiere non liturgiche con quelle liturgiche, consentendo la recitazione delle prime in un contesto isolato dalle altre. Lo stesso documento incoraggia inoltre, diversamente da quanto qualcuno vuol far credere, le preghiere non liturgiche dirette anche da laici “… È lodevole la preghiera dei singoli fedeli che chiedono la guarigione propria o altrui…” (cap. 2).“… di conseguenza, nelle riunioni di preghiera organizzate con lo scopo di impetrare delle guarigioni, sarebbe del tutto arbitrario attribuire un “carisma di guarigione” ad una categoria di partecipanti, per esempio ai dirigenti del gruppo; non resta che affidarsi alla liberissima volontà dello Spirito Santo, il quale dona ad alcuni un carisma speciale di guarigione per manifestare la forza della grazia del Risorto…” (cap. 5).“Le preghiere di guarigione non liturgiche si realizzano con modalità distinte dalle celebrazioni liturgiche, come incontri di preghiera o lettura della Parola di Dio, fermo restando la vigilanza dell’Ordinario del luogo a norma del can. 839§2 (art. 5 Disp. Disciplinari).“Ad ogni fedele è lecito elevare a Dio preghiere per ottenere la guarigioneQuando tuttavia queste si svolgono in Chiesa o in altro luogo sacro, è conveniente che esse siano guidate da un ministro ordinato” (art.1 Disp. Disciplinari).

In Olanda inventano un’altra Messa. 0

In Olanda inventano un’altra Messa.

Col copyright dei Padri domenicani La sperimentazione è già in corso. Al posto del Sacerdote ci sono uomini e donne designati dai fedeli. E tutti assieme pronunciano le parole della consacrazione, anch’esse variate a volontà. A giudizio dei domenicani olandesi, è questo ciò che vuole il Concilio Vaticano II di Sandro Magister Nel ridare piena cittadinanza al rito antico della Messa, con il motu proprio “Summorum Pontificum”, Benedetto XVI ha detto di voler reagire anche a quell’eccesso di “creatività” che nel rito nuovo “ha portato spesso a deformazioni della liturgia al limite del sopportabile”.Stando a quel che accade in alcune aree della Chiesa, questa creatività incide non solo sulla liturgia ma sugli stessi fondamenti della dottrina cattolica.In Olanda, a Nimega, nella chiesa dei frati agostiniani, ogni domenica la Messa è presieduta assieme da un protestante e da un cattolico, che a turno curano uno la liturgia della Parola e il sermone, l’altro la liturgia eucaristica. Il cattolico è quasi sempre un semplice laico, e spesso è una donna. Per la preghiera eucaristica, ai testi del messale si preferiscono i testi composti dall’ex gesuita Huub Oosterhuis. Il pane e il vino sono condivisi da tutti.Nessun Vescovo ha mai autorizzato questa forma di celebrazione. Ma Padre Lambert van Gelder, uno degli agostiniani che la promuove, è sicuro d’essere nel giusto: “Nella Chiesa sono possibili diverse forme di partecipazione, noi siamo parte della comunità ecclesiale a tutti gli effetti. Non mi considero affatto scismatico”.Sempre in Olanda, i domenicani hanno fatto di più, con il consenso dei provinciali dell’ordine. Due settimane prima dell’entrata in vigore del motu proprio “Summorum Pontificum” hanno distribuito in tutte le 1300 parrocchie cattoliche un opuscolo di 38 pagine intitolato “Kerk en Ambt”, Chiesa e ministero, nel quale propongono di trasformare in regola generale ciò che in vari luoghi già si pratica spontaneamente.La proposta dei Padri domenicani è che, in mancanza di un prete, sia una persona scelta dalla comunità a presiedere la celebrazione della Messa: “Non fa differenza che sia uomo o donna, omo o eterosessuale, sposato o celibe”. La persona prescelta e la comunità sono esortati a pronunciare insieme le parole dell’istituzione dell’eucaristia: “Pronunciare queste parole non è una prerogativa riservata al prete. Tali parole costituiscono la consapevole espressione di fede dell’intera comunità”.L’opuscolo si apre con l’esplicita approvazione dei superiori della provincia olandese dell’ordine dei frati predicatori e dedica le prime pagine a una descrizione di ciò che accade di domenica nelle chiese d’Olanda.Per la scarsità di preti, non in tutte le chiese si celebra la Messa. Dal 2002 al 2004 il numero complessivo delle messe domenicali in Olanda è calato da 2200 a 1900. Viceversa, nello stesso periodo è aumentato da 550 a 630 il numero dei “servizi di Parola e comunione”: cioè le liturgie sostitutive, senza il prete e quindi senza celebrazione sacramentale, nelle quali la comunione si fa con ostie consacrate in precedenza.In alcune chiese la distinzione tra la Messa e il rito sostitutivo è percepita con chiarezza dai fedeli. Ma in altre no, le due cose sono considerate di eguale valore, interscambiabili in tutto. Anzi, il fatto che sia un gruppo di fedeli a designare l’uomo o la donna che guida la liturgia sostitutiva consolida negli stessi fedeli l’idea che la loro scelta “dal basso” sia più importante dell’invio di un sacerdote da fuori e “dall’alto”.E lo stesso accade per la formulazione delle preghiere e per l’ordinamento del rito. Si preferisce dar libero campo alla creatività. Le parole della consacrazione, nella Messa, sono spesso sostituite da “espressioni più facili da capire e più in sintonia con la moderna esperienza di fede”. Nel rito sostitutivo, capita di frequente che alle ostie consacrate si aggiungano ostie non consacrate e si distribuiscano tutte assieme per la comunione.In questi comportamenti i domenicani olandesi individuano tre aspettative diffuse:– che siano scelti “dal basso” gli uomini e le donne ai quali affidare la presidenza della celebrazione eucaristica;– che auspicabilmente “la scelta di queste persone sia seguita da una conferma, o benedizione, o ordinazione da parte dell’autorità della Chiesa”;– che le parole della consacrazione “siano pronunciate sia da coloro che presiedono l’eucaristia, sia dalla comunità di cui essi sono parte”.A giudizio dei domenicani olandesi, queste tre aspettative hanno pieno fondamento nel Concilio Vaticano II.La mossa decisiva del Concilio, a loro giudizio, è stata quella di introdurre nella costituzione sulla Chiesa il capitolo sul “popolo di Dio” prima di quello su “l’organizzazione gerarchica costituita dall’alto al basso dal papa e dai Vescovi”.Questo implica sostituire a una Chiesa “piramide” una Chiesa “corpo”, con il laicato protagonista.E questo implica anche una visione diversa dell’eucaristia.L’idea che la Messa sia un “sacrificio” – sostengono i domenicani olandesi – è anch’essa legata a un modello “verticale”, gerarchico, nel quale solo il sacerdote può pronunciare validamente le parole della consacrazione. Un sacerdote maschio e celibe, come prescritto da “un’antiquata teoria della sessualità”.Dal modello della Chiesa “popolo di Dio” deriva invece una visione dell’eucaristia più libera e paritaria: come semplice “condivisione del pane e del vino tra fratelli e sorelle in mezzo a cui c’è Gesù”, come “tavola aperta anche a gente di differenti tradizioni religiose”.L’opuscolo dei domenicani olandesi termina esortando le parrocchie a scegliere “dal basso” le persone alle quali far presiedere l’eucaristia. Se per motivi disciplinari il Vescovo non confermasse tali persone – perché sposate, o perché donne – le parrocchie procedano ugualmente per la loro strada: “Sappiano che esse sono comunque abilitate a celebrare una reale e genuina eucaristia ogni volta che si riuniscono in preghiera e condividono il pane e il vino”.Gli autori dell’opuscolo sono i Padri Harrie Salemans, parroco a Utrecht, Jan Nieuwenhuis, già direttore del centro ecumenico dei domenicani di Amsterdam, André Lascaris e Ad Willems, già professore di teologia all’università di Nimega.Nella bibliografia da essi citata spicca un altro, più famoso teologo domenicano olandese, Edward Schillebeeckx, 93 anni, che negli anni Ottanta finì sotto l’esame della Congregazione per la Dottrina della Fede per tesi vicine a quelle ora confluite nell’opuscolo.La conferenza episcopale olandese si riserva di replicare ufficialmente. Ma ha già fatto sapere che la proposta dei domenicani appare “in conflitto con la dottrina della Chiesa cattolica”.Da Roma, la curia generalizia dei frati predicatori ha reagito flebilmente. In un comunicato del 18 settembre – non pubblicato nel sito dell’ordine – ha definito l’opuscolo una “sorpresa” e ha preso le distanze dalla “soluzione” proposta. Ma ha detto di condividere “l’inquietudine” dei confratelli olandesi sulla scarsità di preti: “Può darsi che sentano che l’autorità della Chiesa non abbia trattato sufficientemente questa questione e, di conseguenza, spingano per un dialogo più aperto. […] Crediamo che a questa inquietudine si debba rispondere con una riflessione teologica e pastorale prudente tra la Chiesa intera a l’ordine domenicano”.Dall’Olanda, i domenicani hanno annunciato una prossima ristampa dell’opuscolo, le cui prime 2500 copie sono andate presto esaurite.